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Utilizzare le protesi acustiche previene
la demenza di Alzheimer e allunga la vita

La sordità, specie dopo i 50 anni, colpisce circa una persona su dieci. Eppure, solo una piccola parte di coloro che ne avrebbero bisogno ricorre a un’analisi audiometrica, e poi decide di ricorrere a un apparecchio acustico. Ma chi non lo fa, forse dovrebbe sapere che, scegliendo di evitare i dispositivi, accorcia la propria vita, oltre ad aumentare il rischio di demenza e di depressione. 

L’effetto selle protesi acustiche sulla sopravvivenza, a differenza di quello su altri parametri quali l’Alzheimer, malattia sulla quale è appena stato confermato in uno studio condotto su oltre 570.000 anziani, non è stato molto analizzato, finora. Finalmente, però, uno studio appena pubblicato su Lancet Healthy Longevity mostra quanto sarebbe importante che tutti coloro che ne hanno bisogno fossero convinti o aiutati a ricorrere agli apparecchi acustici. In esso infatti i ricercatori dell’Università della California di Los Angeles hanno verificato i dati di poco meno di 10.000 persone contenuti nel database dello studio chiamato National Health and Nutrition Examination Survey, condotto tra il 1999 e il 2012, cercando, nello specifico, chi era stato visitato da uno specialista e, tra costoro, chi aveva poi iniziato a utilizzare le protesi. Quindi, le circa 1.800 persone che avevano deficit auditivi certificati sono state classificate come utilizzatori regolari, se indossavano le protesi almeno una volta alla settimana, oppure per un totale di cinque ore (sempre in una settimana), utilizzatori irregolari, se le usavano una volta al mese, e non utilizzatori, se non le usavano mai. Questi ultimi sono risultati essere la maggioranza, visto che erano oltre 1.400. Ma la decisione di non indossare un apparecchio acustico ha comportato un prezzo, perché andando a verificare la mortalità nei dieci anni successivi alla visita, i ricercatori hanno visto chi non aveva cercato di correggere la sordità con una protesi ne aveva avuta una superiore del 24% rispetto a quella di chi aveva iniziato a usare gli apparecchi regolarmente. Inoltre, anche chi li usava solo occasionalmente aveva lo stesso aumento di mortalità, a conferma del fatto che, per avere un beneficio reale, è necessario farne uso tutti i giorni o quasi.

L’utilizzo di protesi è già consigliato dall’OMS per prevenire l’Alzheimer, e ora il mancato utilizzo potrebbe entrare a far parte dei fattori di rischio non trasmissibili. Anche per questo, concludono gli autori, sarebbe molto utile che tutti coloro che ne hanno bisogno fossero invogliati a usare un apparecchio acustico e, quando necessario (dal momento che hanno un costo non irrilevante), sostenuti economicamente per quanto riguarda l’acquisto.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 5 gennaio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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