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Anche la dengue può lasciare eredità sgradite. Talvolta peggiori di quelle del covid

Anche l’infezione da dengue può lasciare dietro di sé una sindrome che assomiglia molto al Long Covid, quella che può seguire il Covid, e che si può manifestare con decine di sintomi diversi in quasi tutti gli organi e apparati. Con una differenza: le conseguenze, nel caso della dengue, sono  più gravi, e la probailità che compaiano sono decisamente superiori rospetto a Sars-CoV 2. Lo dimostra uno studio comparativo, pubblicato sul Journal of Travel Medicine dai virologi della Nanyang Technological University di Singapore, nel quale sono stati messi a confronto i dati di 11.000 residenti sull’isola che avevano contratto la dengue con quelli di poco meno di 1,25 milioni di residenti che avevano avuto il Covid tra luglio 2021 e ottobre 2022, con particolare attenzione ai sintomi cardiaci e neurologici apparsi da 30 a 300 giorni dopo la malattia acuta.

Il risultato non ha lasciato dubbi: chi aveva avuto la dengue aveva il 55% di rischio in più di sviluppare complicazioni cardiache come le aritmie, gli infarti e le trombosi. Un dato anche peggiore si è avuto con i disturbi neurologici come i deficit di memoria: in quel caso, il rischio è stato del 213% più elevato rispetto a chi aveva superato un covid. Infine, anche per i disturbi del movimento e dell’equilibrio di origine nervosa (extrapiramidali) si è vista la stessa tendenza, con un +198% rispetto al covid.

Lo studio è importante sia perché definisce la sindrome post virale specifica di una malattia che sta conoscendo una grande diffusione, sia perché conferma, indirettamente, quanto si pensa sul Long Covid, e cioè che si tratti di una dis-regolazione della risposta immunitaria innescata dal virus, e quindi di un meccanismo che può riproporsi anche con altre infezioni virali (e in effetti altre patologie virali quali alcune influenze, alcune infezioni da herpesvirus e la borreliosi si comportano nello stesso modo). Infine, affermare l’esistenza di una Post Acute Sequelae Syndrome (questo il nome scientifico dato al Long Covid) anche per la dengue aiuta a convncere le persone a cercare di prevenire l’infezione (per esempio con i vaccino, ormai disponibili) e a curare meglio chi è colpito dalle sue sgradite eredità.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 23 settembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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