Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

Il sintomo più comune del Long Covid è il dolore. Ma c’è già un farmaco che funziona

E’ il dolore, nelle sue diverse declinazioni, il sintomo che più caratterizza il Long Covid (il cui nome tecnico è PASC o Post Acute Sequelae of SARS-CoV-2 Infection), la sindrome post virale di cui soffre una percentuale non irrilevante di coloro che sono stati contagiati da Sars-CoV 2: secondo alcune stime, non meno di 60 milioni di persone nel mondo. Lo dimostra uno studio pubblicato sul Journal of the Royal Society of Medicine Open, nel quale i ricercatori dello University College di Londra hanno attentamente studiato oltre mille pazienti con Long Covid cui era stata installata una app affinché registrassero i sintomi, monitorati tra il 2020 e il 2022. Il 26,5% ha segnalato qualche tipo di dolore, compresa la cefalea e quello gastrico, e in generale i sintomi dolorosi sono stati i più frequenti. In seconda posizione si sono piazzate le manifestazioni neuropsicologiche come ansia e depressione (18,4%), seguiti dall’affaticamento eccessivo o fatigue (14,3%) e il fiato corto o dispnea (7,4%).

L’analisi ha poi permesso di caratterizzare meglio chi è più vulnerabile, e il risultato è stato che chi è più anziano, donna, non caucasico e con bassi livelli di istruzione è a rischio di soffrire di più, e di avere sintomi più intensi.

Poche settimane prima, però, una speranza concreta era giunta da un altro studio, pubblicato su Science Traslational Medicine, questa volta su una possibile terapia. I ricercatori della University of Virginia School of Medicine hanno infatti dimostrato, nei pazienti e nei modelli animali, che, almeno per quanto riguarda i sintomi respiratori, una delle cause potrebbe essere uno squilibrio del sistema immunitario e, in particolare, un eccesso del rilascio di interferone gamma, una molecola pro-infiamamtoria prodotta dall’organismo in risposta alle infezioni. Ma contro gli eccessi di interferone gamma esiste il baricitinib, utilizzato per l’artrite reumatoide e autorizzato durante la pandemia come farmaco di emergenza. La speranza è che si sperimenti quanto prima nei malati di PASC, per verificare se possa essere di aiuto. Se i risultati fossero positivi, il farmaco sarebbe già disponibile.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 11 settembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA