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L’attività fisica aerobica aiuta le persone
con un tumore a sconfiggere la depressione

L’attività fisica aerobica aiuta i malati oncologici a combattere la depressione che spesso li accompagna, dopo la diagnosi. E anche se si tratta di effetti non troppo rilevanti, il contributo al mantenimento della qualità di vita è certo. Questo quanto emerge da una metanalisi pubblicata su JAMA Network Open nella quale sono stati presi in esame 25 studi controllati e randomizzati effettuati su poco meno di 2.000 pazienti di tutte le età, e con tumori di vario tipo, in diversi stadi e sottoposti ai più vari trattamenti. L’efficacia della ginnastica aerobica, rispetto alle terapie abituali, o al non fare nulla di questo tipo, si è vista già dopo un mese e, quando è stata verificata su periodi di tempo più lunghi, è rimasta tale anche fino a sei mesi. Inoltre, il fatto che non siano state dimostrate differenze nelle diverse popolazioni di pazienti, indica che i vantaggi sono per tutti, a prescindere dal tipo di malattia, dall’età, dal sesso e dalla terapia in corso. 

La depressione è un “effetto collaterale” ben noto di una diagnosi di tumore, e oggi è tenuta in considerazione molto più di qualche anno fa, al punto che molti centri oncologici e linee guida prevedono l’intervento specifico di uno psiconcologo per il paziente e, quando necessario, anche per i caregiver. Affiancare queste azioni professionali a un programma di esercizi aerobici regolari e personalizzati aumenta le probabilità di tenere sotto controllo il tono dell’umore, con indubbi benefici su tutto il percorso terapeutico.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 11 ottobre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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