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Prodotti per l’igiene intima femminile riutilizzabili: uno su tre è pieno di PFAS

I prodotti per l’igiene intima femminile riutilizzabili come certi tipi di biancheria intima, alcuni tipi di assorbenti e le coppette mestruali, stanno diventando sempre più popolari, grazie alla loro maggiore sostenibilità rispetto a quelli monouso. Una porzione rilevante di essi, tuttavia, contiene PFAS o perfluoroalchili, i composti chimici plastificanti chiamati anche contaminanti perenni, associati a effetti negativi sulla salute e ubiquitari sia nell’ambiente che negli organismi viventi.
Eppure non è chiaro che cosa accada quando un prodotto con PFAS resta a lungo a contatto con la cute particolarmente delicata delle zone genitali, né se vi siano rischi specifici per le ragazze molto giovani, dal momento che alcuni degli effetti noti sono a carico dei circuiti ormonali. Le consumatrici, d’altro canto, ignorano quasi sempre la presenza di PFAS, perché non è indicata da nessuna parte.
A denunciare la situazione, dopo altri studi che avevano fatto lo stesso con assorbenti e tamponi monouso, è uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology Letters, nel quale ne sono stati analizzati 59 tra i prodotti più venduti in Nord America. Sud America ed Europa. Il risultato è che circa un terzo contiene PFAS, e le categorie peggiori sono la biancheria intima e gli assorbenti riutilizzabili, che non solo presentano PFAS nel 100% dei casi, ma hanno anche un elevato livello (di fluoro e quindi di PFAS, 110 pp o più).
In seguito, 19 prodotti sono stati sottoposti a indagini specifiche per la presenza di alcuni tra le migliaia di PFAS esistenti, noti per essere dannosi (31 carichi chimicamente, 11 neutri), e si è così visto che, tra i prodotti nordamericani, uno degli PFAS più presenti è quello chiamato 8:2 FTOH, eliminato per legge dai materiali a contatto con il cibo per la sua pericolosità ma, evidentemente, non da quelli per l’igiene intima: una conytraddizione poco giustificabile. Inoltre, l’8:2 FTOH si può trasformare in uno degli PFAS peggiori in assoluto, chiamato PFOA. Secondo gli autori, dell’Università Notre Dame dell’Indiana, sarebbe importante che le clienti fossero informate, per poter fare una scelta consapevole. In attesa che in questi prodotti, come avviene in altre categorie, l’uso degli PFAS sia fortemente limitato o se possibile eliminato del tutto.
Tra l’altro, anche da qui gli PFAS si disperdono nell’ambiente e quindi nelle acque, da dove vengono poi assorbiti dagli uomini e dagli altri esseri viventi, andando a depositarsi nei loro organismi e tornando in circolazione.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 4 agosto 2025
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