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Bere regolarmente caffè può prevenire
lo sviluppo di diverse malattie metaboliche

Bere regolarmente tre tazze di caffè al giorno ha un forte effetto protettivo nei confronti delle malattie metaboliche come il diabete di tipo 2, le patologie cardiovascolari, quelel coronariche e gli ictus. Lo dimostra uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism dai ricercatori del dipartimento di salute pubblica dell’Università di Suzhou, in Cina, che hanno lavorato sui dati contenuti nel grande database britannico UK Biobank, che contiene informazioni relative a circa mezzo milione di adulti di età compresa tra i 37 e i 73 anni. Selezionando solo le persone per le quali erano disponibili dati dettagliati sul consumo di tè e caffè, gli autori hanno identificato oltre 172.000 soggetti per il solo caffè, e oltre 188.000 per caffè e tè, tutti privi di patologie metaboliche all’inizio della raccolta dei campioni e delle informazioni. Verificando l’incidenza delle patologie nel tempo, è emerso che chi assumeva circa 300 milligrammi di caffeina (proveniente dal caffè, ma anche da tè) o tre tazze di caffè al giorno aveva avuto una riduzione del rischio di sviluppare patologie cardiometaboliche compresa tra il 40 e il 48% rispetto a che non beveva caffè o tè o lo faceva saltuariamente o sono in quantità moderate, beneficio confermato anche dalle variazioni di 80 dei 97 metaboliti misurati nel sangue dei partecipanti, che mostrano profili migliori in chi è abituato a bere caffè o tè.

Gli studi ora proseguono per capire se bere caffè possa prevenire il passaggio dalle prime manifestazioni di squilibri metabolici alle vere e proprie patologie. Come ricordano gli autori, chi ha una malattia cardiometabolica ha anche un rischio di morte che è da 4 a 7 volte quello di chi non ne ha nessuna. Bere caffè regolarmente può quindi aiutare a tenere il rischio di decesso entro i paramentri normali.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 24 settembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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