SPORT PERICOLOSI
Il calcio e il football americano (e gli altri sport da contatto) danneggiano il cervello
Il calcio e il football americano, come tutti gli sport che prevedono traumi cranici, sono associati a un rischio di sviluppare una forma di demenza nota come CTE (da Chronic Traumatic Encephalopathy) e ora, secondo quanto riportato in due studi usciti negli stessi giorni, anche a confusione mentale e rischio di pensieri suicidari.
Nel primo, pubblicato sugli Annals of Biomedical Engineering, otto adulti in buona salute, non giocatori di calcio professionisti, hanno preso parte a una sessione nella quale erano invitati a colpire il pallone con la testa, dandogli una forza simile a quella utilizzata in campo, e in tre direzioni (centrale e laterali rispetto al cranio). Nel frattempo, un elettroencefalogramma portatile registrava l’andamento dei tracciati. Il risultato è stato che, nei secondi immediatamente successivi al colpo, si vede un chiaro aumento delle onde delta, di solito associate al sonno e all’attività onirica. Quando queste onde delta aumentano durante la veglia, aumentano anche la confusione e la difficoltà di concentrazione che, in effetti, sono i sintomi più spesso riportati anche da chi soffre di CTE. La buona notizia è che l’effetto è breve e reversibile, ma non ci sono studi su che cosa comporti la ripetizione di molti colpi, come di solito accade negli allenamenti e nelle partite.
Il secondo, pubblicato su JAMA, evidenzia invece l’aumento, tra chi sente i sintomi della CTE, di pensieri suicidari. In esso infatti, degli oltre 4.100 ex giocatori che avevano aderito allo studio dell’Università di Harvard chiamato Football Players Health Study, 680 circa hanno riferito sintomi di CTE (tra i quali ansia, deficit di attenzione/iperattività, depressione, diabete, mancato controllo emotivo e comportamentale, mal di testa, iperlipidemia, ipertensione, bassi livelli di testosterone, dolore, apnea notturna e funzione cognitiva soggettiva e altro). Tra costoro, i pensieri suicidari si erano manifestati nel 25% dei casi, contro il 5% registrato tra gli ex giocatori che non avevano sintomi di CTE.
Da tempo le associazioni mediche di diversi paesi chiedono limitazioni molto più severe di quelle attuali per tutti gli sport che prevedono traumi alla testa, e questi ultimi studi non fanno che rafforzare tale richiesta.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 settembre 2024
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