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Gli allevamenti di animali da pelliccia sono luoghi ideali per i virus a rischio spillover

Oltre alle motivazioni etiche, di per sé sufficienti, e a quelle ambientali, altrettanto forti, c’è un’altra ragione per la quale si dovrebbero vietare gli allevamenti di mammiferi da pelliccia e probabilmente in generale la vendita di pellicce di animali: in quelle condizioni, molti degli animali diventano serbatoi ideali per virus talvolta molto pericolosi. Del resto, anche durante la pandemia alcuni allevamenti sono stati chiusi, con soppressione di migliaia di capi, perché erano ospitavano concentrazioni micidiali di coronavirus. E che sia così lo conferma ora uno studio pubblicato su Nature, nel quale i ricercatori della Fudan University di Shangai, in Cina, hanno analizzato i tessuti di 461 animali trovati morti a causa di una malattia in un allevamento da pelliccia. Hanno così scoperto ben 125 specie di virus, 36 dei quali mai descritti prima in quegli animali e 39 ad alto rischio di salto di specie o spillover. Oltre a ciò, hanno identificato sette diversi coronavirus e dimostrato un passaggio di specie di un altro esponente della categoria dai cani domestici ai cani procione, e uno da un ulteriore coronavirus dei pipistrelli a un visone. E non è tutto. Tre virus influenzaliH1N2, H5N6 e H6N2 - sono stati trovati nei polmoni di alcune cavie, visoni e procioni, rispettivamente, mentre altri virus zoonotici (cioè noti per essere capaci di fare un salto di specie, causando così una malattia detta zoonotica, ossia originaria degli animali), come il virus dell’encefalite giapponese e alcuni orthoreovirus sono stati scoperti nelle cavie.

Infine, le specie di animali più a rischio si sono rivelate essere i visoni e i cani procione, mentre quelle di virus meno selettivi, e quindi presenti in più specie, i Coronaviridae, i Paramyxoviridae e i Sedoreoviridae.

La presenza di questi virus negli allevamenti fa aumentare in modo esponenziale il rischio di passaggio sia ad altri animali presenti, sia all’uomo. Per questo bisognerebbe eliminare del tutto le attività meno necessarie come quella della produzione di pellicce, tuttora florida sebbene in calo in molti paesi, accompagnando gli allevatori con azioni di sostegno e formazione affinché non restino senza lavoro e senza reddito.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 12 settembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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