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Una proteina per frenare infiammazioni e cancro

La PTX3 appare in grado di bloccare una serie di reazioni che possono aprire le porte al tumore. Ora partirà una sperimentazione per usarla come farmaco. Studio dell’Istituto clinico Humanitas di Milano, pubblicato dalla rivista Cell

di Paolo Rossi Castelli

C’è una proteina, chiamata PTX3, che ha un ruolo chiave nel bloccare la formazione di alcuni tipi di tumore (colon, pelle e una forma di sarcoma). La scoperta, ad opera di Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano), risale ad alcuni anni fa, ma adesso l’autorevole rivista Cell pubblica un nuovo studio, sempre dell’équipe di Mantovani, che apre le porte alla sperimentazione di questa molecola come possibile farmaco, per frenare quei tipi di cancro. E’ un approccio innovativo, che non punta a bloccare il tumore in se stesso, ma l’ambiente che ne favorisce la nascita.

«Le nostre ricerche - spiega Mantovani - hanno evidenziato che in in alcune forme di tumore la PTX3 viene come “spenta” precocemente. Questo spegnimento toglie i freni a una cascata di mediatori dell’infiammazione detta “complemento” (una parte molto importante del sistema immunitario, ndr)». Le reazioni che seguono, alquanto complesse, modificano il normale funzionamento del sistema immunitario (responsabile dei meccanismi infiammatori) e rendono la vita molto più facile al tumore, che in alcuni casi riesce addirittura a “corrompere” alcune cellule fondamentali del nostro apparato difensivo, i macrofagi, e a farsi aiutare da loro (che invece dovrebbero ucciderlo...). «I “poliziotti corrotti” - aggiunge Mantovani - promuovono la crescita e l’instabilità genetica del tumore. Si tratta di una scoperta inattesa, da cui ci aspettiamo importanti implicazioni sul fronte clinico».

Lo studio pubblicato su Cell è stato condotto dall’équipe di Mantovani in collaborazione con l’Università di Milano e con la University of Pennsylvania (Stati Uniti), grazie ai finanziamenti dell’Airc (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro). La sperimentazione della proteina PTX3, per controllare le infiammazioni e bloccare le condizioni che favoriscono il tumore, dovrebbe partire entro breve tempo su un gruppo selezionato di pazienti.

«La corruzione dei macrofagi e di altri “poliziotti” del sistema immunitario da parte delle cellule cancerose è oggetto di un interesse sempre crescente da parte degli studiosi - spiega Alberto Mantovani in una videointervista rilasciata ad Assedio Bianco. - Per molto tempo si è data importanza solo alla cellula tumorale. Colpire la cellula tumorale era, e rimane ovviamente, la parola d’ordine. Però piano piano ci siamo accorti che la “nicchia ecologica” dentro la quale crescono le cellule tumorali è altrettanto importante, quanto la cellula tumorale stessa». Moltissimi studi sono indirizzati per frenare, in vari modi, le “strategie” del tumore e della sua nicchia ecologica. La proteina PTX3 appare una delle strade da seguire.

Data ultimo aggiornamento 15 febbraio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: Alberto Mantovani, infiammazioni, tumori



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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