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Sclerosi multipla, un nuovo bersaglio per possibili terapie

Il ruolo delle citochine nella sclerosi multipla è più importante di quanto si pensasse, tanto che questi fondamentali mediatori dei processi infiammatori potrebbero presto dicentare il bersaglio di nuove efficaci terapie. A suggerirlo sono anche gli studi di un gruppo di ricercatori della Thomas Jefferson University di Filadelfia (USA) diretto da Abdolmohamad Rostami, che in una ricerca pubblicata sul Journal of Immunology hanno analizzato cosa succede nei pazienti con sclerosi multipla sottoposti a una terapia con interferone beta, farmaco che in test di laboratorio riduce la concentrazione di una citochina in particolare, il GM-CFS (Granulocyte macrophage colony-stimulating factor).

I loro risultati confermano il ruolo centrale di questa citochina. Infatti nei pazienti che rispondono bene alla terapia i livelli di GM-CSF sono molto inferiori rispetto a quelli rilevabili nei pazienti non trattati. Non solo, l’esame di autopsie del cervello di pazienti con sclerosi multipla ha confermato che in presenza della malattia c’è molto più GM-CSF rispetto a quello che si trova nei campioni di persone non affette da scelrosi multipla.

Il GM-CSF sembra dunque un ottimo candidato per una terapia selettiva. Attualmente sono già in corso studi clinici di fase I per verificare la sicurezza dell’uso di un farmaco sperimentale anti GM-CSF. I primi dati, positivi, suggerirebbero anche una notevole efficacia del farmaco, ma per affermarlo con certezza bisognerà attendere l’eventuale fase II di sperimentazione.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 maggio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: citochine, sclerosi multipla



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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