SINDROME POST VIRALE
Quando la malattia di Lyme diventa cronica
probabilmente la colpa è dell’interferone

Quando la malattia di Lyme, meglio nota come borreliosi, veicolata dalle zecche che trasmettono i batteri Borrelia burgdogferi, diventa cronica, colpendo prevalentemente il sistema nervoso, la colpa, con ogni probabilità, è di un eccesso di reazione immunitaria e, nello specifico, del mediatore interferone alfa.
L’infezione da borrelia colpisce ogni anno non meno di 200.000 persone in Europa occidentale, e 500.000 negli Stati Uniti, con valori di contagio in aumento ovunque, e zecche segnalate sempre più spesso non solo nelle aree boschive, ma anche nei parchi e nei giardini delle città, zone dalle quali deriverebbe ormai circa un caso su tre. Non esiste un vaccino, anche se si spera ce ne sia presto uno (la sperimentazione è in fase avanzata), e questo rappresenta un problema, perché l’infezione, che risponde bene agli antibiotici se curata pochi giorni dopo il contatto con la zecca, spesso non è riconosciuta come tale. A quel punto, però, viene affrontata quando è già diventata una sindrome post virale cronica, che si manifesta con una leggera febbre, dolore e ottundimento agli arti, affaticamento, difficoltà di concentrazione e molti altri sintomi, contro i quali gli antibiotici non hanno alcun potere.
Da tempo ci si chiede da che cosa sia causata questa sindrome, e ora uno studio pubblicato sulla rivista dei Centers for Diseases Control americani, Emerging infectious Diseases avanza un’ipotesi: potrebbe trattarsi di un eccesso di interferone alfa. Questo, almeno, quanto emerso da accurate analisi del sangue e del liquido cerebrospinale di 79 persone che erano state contagiate, alla ricerca di 20 marcatori immunitari, a due settimane, tre, sei e 12 mesi dalla diagnosi, nelle quali si è vista un’evidentissima e persistente sovrabbondanza proprio di questa sostanza in chi mostrava segni della sindrome. La buona notizia è che, se la scoperta fosse confermata, si potrebbero sperimentare trattamenti specifici, che rimettano in equilibrio il sistema immunitario.
Del resto, è probabilmente immunitaria anche un’altra risposta, che potrebbe essere utile: quella di alcuni tipi di cervi dalla coda bianca (Odocoileus virginianus) che non si ammalano, quando sono punti dalle zecche infette. Il fatto era già noto, ma è stato confermato in uno studio pubblicato su Vector-Borne and Zoonotic Diseases, nel quale il sangue di cervi mai entrati in contatto con la malattia ha causato la morte della borrelia, a conferma di un effetto altamente specifico. I ricercatori stanno ora cercando di capire che cosa, nel sangue, sia così letale, e si aspettano appunto che si tratti di una reazione immunitaria più efficiente di quella dell’uomo, che non riesce a neutralizzare efficacemente il batterio.
Infine, arriva dall’Estonia la speranza di nuovi farmaci estratti dalle piante. Il paese baltico, tra i più colpiti in Nord Europa, ha infatti una lunga tradizione in tal senso, e i ricercatori di Tallin hanno deciso di sistematizzare le conoscenze, pubblicando poi su Pharmaceuticals uno studio sulle qualità anti-borreliosi del Dipsacus fullonum, oltre a d alcune review su numerose piante autoctone e sulle loro proprietà antimicrobiche e antiossidanti.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 31 maggio 2023
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