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Per proteggere le ossa dai danni dell’età bisogna mangiare prugne (secche o fresche) - L'Assedio Bianco

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Per proteggere le ossa dai danni dell’età bisogna mangiare prugne (secche o fresche)

Le prugne, secche o fresche, sembrano esercitare uno specifico effetto protettivo sulle ossa. Negli ultimi anni, infatti, sono stati pubblicati diversi studi che mettono in relazione il consumo regolare con un’azione anti-osteoporosi, per esempio per quanto riguarda l’anca. E ora la ricerca pubblicata su Osteoporosis International da un gruppo di ricercatori dell’Università della Pennsylvania conferma l’associazione, con una metodologia particolarmente convincente. In essa infatti 235 donne in menopausa, dell’età media di 62,1 anni, sono state invitate a non mangiare prugne, oppure a mangiarne circa 50 grammi (da quattro a sei al giorno), o cento grammi al giorno per un anno. Dopo sei mesi dall’inizio e alla fine dell’anno gli autori hanno controllato la tibia, sia per quanto riguarda la densità ossea, che dà un’idea generale dell’indebolimento eventuale, sia per la struttura dell’osso, parametro assai più significativo, ma di solito non controllato perché comporta la necessità di effettuare una specifica TAC. Alla fine è emerso che le donne che avevano consumato 50 grammi di prugne avevano avuto un beneficio, maggiore anche di quello di coloro che erano state destinate al gruppo dei 100 grammi, perché queste ultime avevano in parte abbandonato la sperimentazione: un etto di prugne al giorno è probabilmente eccessivo. 

Le prugne sono piene di antiossidanti, polifenoli, sali minerali tra i quali il boro e il potassio, e di vitamina K. L’effetto sullo scheletro è probabilmente dovuto a una combinazione delle azioni sull’osso e di quelle sul microbiota intestinale, confermate anche dai benefici sull’intestino. Inoltre hanno un basso indice glicemico, se non vengono aggiunti zuccheri, e sono ricche di fibre. Lo studio è stato finanziato da un’associazione di produttori, ma effettuato da ricercatori universitari, e ne conferma altri simili pubblicati da altri gruppi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 9 luglio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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