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La peste nera colpiva già nel Neolitico,
e forse decimò le popolazioni scandinave

La peste potrebbe aver flagellato l’Europa, o almeno la Scandinavia, ben prima delle ondate pandemiche che si susseguirono a partire dal 1.400, riducendo di un terzo la popolazione. Secondo uno studio pubblicato su Nature dai paleomicrobiologi dell’università di Copenaghen, in Danimarca, l’infezione colpì ripetutamente anche durante il tardo Neolitico, e cioè tra 5.300 e 4.900 anni fa. Se così fosse, potrebbe essere responsabile di un fenomeno noto come declino del Neolitico, durante il quale si ebbe, nel giro di meno di poco tempo, un improvviso calo della popolazione, finora mai spiegato in modo convincente.

Per giungere alle loro conclusioni, i ricercatori hanno analizzato i resti di ben 108 individui, trovati in otto tombe megalitiche e in una sepoltura di pietra, tutti nella pensila scandinava, e hanno scoperto tracce del DNA del batterio della peste Yersinia pseudotuberculosis in 18 di loro, pari al 17% del totale: abbastanza per pensare che la peste fosse endemica. Inoltre, hanno dimostrato che la malattia colpì, nell’arco di circa 120 anni, con almeno tre ondate, e quindi in generazioni diverse; in un caso la si è trovata in sei generazioni di una famiglia composta da 38 individui. Tra i diversi ceppi scoperti, ve ne sono anche di particolarmente virulenti, e capaci di provocare grandi epidemie o pandemie. Infine, la peste ha permesso di capire meglio l’organizzazione sociale, che è risultata essere patrilineare. E per chi si ammalava e poi moriva c’era un destino specifico: una donna è stata sepolta lontana dai suoi fratelli, probabilmente perché infetta. 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 26 luglio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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