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Allergie, test più sofisticati per smascherarle

Oltre ai classici prick test, altre tecniche, come la BAT, permettono di individuare meglio la natura e l’intensità delle manifestazioni allergiche. Nel caso di reazioni a più sostanze contemporaneamente, buoni risultati dai test molecolari

Quando si ha a che fare con un’allergia non è sempre semplice arrivare a una diagnosi corretta. La situazione è particolarmente insidiosa nel caso delle persone poliallergiche, cioè sensibili contemporaneamente a più sostanze. Le allergie, alimentari o respiratorie che siano, sono infatti risposte eccessive ( e “sbagliate”) di difesa nei confronti di sostanze normalmente innocue – gli allergeni, come i pollini – verso quali il sistema immunitario si mostra ipersensibile. Ma come riconoscere queste sostanze? Quali sono i test davvero utili e quali le novità del settore?

Diciamo subito  che i classici esami cutanei (primo fra tutti, lo Skin Prick Test) restano fondamentali. Ma nuovi test, più sofisticati, consentono di individuare meglio, in certi casi, la natura e l’intensità delle allergie. L’ultima tecnica è la BAT (abbreviazione di Basophil Activation Test), un sistema che può aiutare a predire con precisione la severità della reazione allergica, come scrive l’immunologo Ying Song del Mount Sinai Medical Center di New York, primo firmatario di uno studio apparso sul numero di aprile della rivista Annals of Allergy, Asthma & Immunology

Ma andiamo per ordine.

IL PRIMO PASSO: I TEST CUTANEI - Quando il sintomo principale è una rinite che scatena starnuti, tosse, pruriti e problemi respiratori (variabili dall’ostruzione nasale all’attacco di asma), dopo un’analisi dettagliata della storia clinica del paziente si utilizza, come dicevamo, lo Skin Prick Test. «È un test cutaneo eseguito collocando l’allergene sospetto sul braccio del paziente, che verrà successivamente punto con un una lancetta sterile – spiega Giorgio Walter Canonica, docente di malattie dell’apparato respiratorio all’Università di Genova. – La lettura viene effettuata nel giro di 15-20 minuti, valutando l’eventuale presenza di pomfi (cioè di “bolle”, ndr) e la loro dimensione». 

Altri esami utili, prosegue l’esperto, sono la spirometria e la rinoscopia; la prima permette di misurare la quantità d’aria inspirata ed espirata, e il tempo impiegato per farlo, mentre la seconda consente di valutare lo stato della mucosa nasale utilizzando un sottile apparecchio ottico. «Per completare il quadro – aggiunge Canonica – si esegue la misurazione dell’ossido nitrico nell’esalato (cioè nell’aria emessa dalla bocca, ndr)». Con questo test è possibile valutare l’eventuale infiammazione dei bronchi. «A questo esame, come è emerso nell’ultimo Congresso europeo di Medicina Respiratoria che si è svolto nel settembre scorso a Monaco di Baviera, si potrà affiancare la rilevazione della temperatura a livello bronchiale – conclude Canonica. – Anche questo è un test “incruento”, cioè non fastidioso per il paziente, che può fornire indicazioni molto utili per approntare una terapia mirata».

Nel caso delle allergie alimentari, l’esame più accurato per la diagnosi è invece rappresentato dai test di provocazione orale, che prevedono l’assunzione dell’alimento “incriminato”, dopo un periodo in cui è stato escluso dalla dieta, per verificare l’eventuale ricomparsa dei sintomi dell’allergia.

ALLA RICERCA DEGLI ANTICORPI - Le possibili indagini diagnostiche non si fermano però qui. La reazione allergica porta, infatti, alla produzione di anticorpi (chianati IgE), che possono essere cercati all’interno del sangue attraverso esami come il Prist test (per la ricerca degli anticorpi totali) e il RAST test (che permette, invece, di ricercare anticorpi specifici). «Ogni allergene è un mix di proteine diverse tra loro, ciascuna più o meno capace di provocare l’iperproduzione specifica di IgE – spiega Mario Previdi, Responsabile dell’Allergologia Ambientale e Occupazionale del Policlinico di Milano. – Grazie a numerosi studi scientifici, ogni molecola capace di provocare allergie è stata isolata e caratterizzata. Così, per esempio, nel Phleum pratense (una graminacea) sono state riconosciute ben 12 molecole allergeniche; nell’acaro della polvere 3; nella pesca almeno 3, e così via». In alcuni casi la ricerca delle IgE dirette contro queste molecole allergeniche può essere fondamentale per una diagnosi corretta. 

QUANDO L’ALLERGIA E’ PIU’ DI UNA - A volte la situazione è ulteriormente complicata dal fatto che le allergie con cui si ha a che fare sono più di una. Ma non basta: a volte, molecole di diversa origine possono essere imparentate fra loro. Questo - spiega Previdi - potrebbe giustificare la comparsa di reazioni crociate tra i diversi allergeni inalati, tra i diversi alimenti e anche tra le sostanze inalate e gli alimenti. In questi casi sono molto utili i cosiddetti test molecolari, che consentono di scoprire se si è allergici non a un singolo polline o a un singolo alimento, ma a una particolare molecola allergenica, che può trovarsi sia su cibi che mangiamo, sia su sostanze che respiriamo. «L’ISAC test è attualmente il più completo – spiega Canonica. –  Determina simultaneamente, in una sola seduta, tramite un semplice prelievo del sangue, la presenza di IgE per un pannello di 112 allergeni sia respiratori che alimentari, e copre la quasi totalità delle allergie di interesse clinico, incluse quelle meno frequenti». 

Test molecolari come questo permettono di individuare con precisione la proteina a cui si è allergici e di stabilire la gravità dell’allergia, permettendo così all’allergologo di prescrivere una terapia più mirata. «L’esecuzione di questo test deve però essere attentamente vagliata dallo specialista, in base alle caratteristiche del singolo paziente – sottolinea Canonica – e costituisce comunque un esame di terzo livello, che viene cioè prescritto dopo aver eseguito i test più tradizionali». 

SOLUZIONI INNOVATIVE: IL BAT  - Infine, come accennavamo, in caso di sospetta allergia alimentare ci si può affidare anche al test di attivazione dei basofili (Basophil Activation Test, BAT) in citometria a flusso, un test alla cui base c’è il fatto che l’allergia attiva anche una particolare classe di cellule del sistema immunitario, i basofili, diverse da quelle che producono le IgE. Considerato uno strumento diagnostico innovativo e utilizzato anche nella diagnosi delle allergie ai farmaci, il BAT permette di distinguere con maggiore sicurezza le reazioni allergiche da quelle di altra natura e di valutarne la gravità.

EVITARE IL FAI DA TE - Accanto a queste soluzioni diagnostiche ufficiali capita che i “non addetti ai lavori” propongano anche test fai da te, magari acquistabili con un semplice click sul web. Il mondo scientifico, American Academy of Allergy Asthma and Immunology inclusa, raccomanda di diffidare da queste proposte: se si sospetta di soffrire di un’allergia, l’unica scelta ragionevole è rivolgersi a un allergologo o a un immunologo, che lavorino in un centro specializzato.

Data ultimo aggiornamento 14 maggio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: allergie, BAT



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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