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Voglio fare la cronista di guerra

di Claudia Zanella

È successo quando avevo sedici anni. Dopo la scuola, a casa di un’amica. Ho guardato un film sulla vita di Ilaria Alpi e ho capito chi avrei voluto essere in futuro: un’inviata speciale. Il giornalismo d’inchiesta, i reportage di guerra, parlare di quel mondo che nessuno conosce. Questo è il mio sogno. Da allora ho fatto tante cose: mi sono laureata in Filosofia, ho vissuto all’estero, ho collaborato con qualche testata e ho suonato la chitarra elettrica in tante band.

Fino ai 23 anni mi sono sentita invincibile, carica di energia, inarrestabile. Poi un giorno è arrivato lui, il morbo di Crohn. Ho dovuto farci i conti, capire che cosa fosse e come affrontarlo. All’inizio non è stato facile e anche ora, a volte, mi mette a dura prova. Però, penso che, come disse anche Nietzsche, “quello che non mi ammazza mi rende più forte”. Se all’inizio credevo che il morbo di Crohn potesse essere un grande limite a quello che sognavo di fare, ora sono convinta che sia un ostacolo superabile con l’impegno e la forza di volontà. Così ho cercato di accumulare un po’ di esperienza collaborando con qualche giornale e l’anno scorso mi sono iscritta a un master di giornalismo, per acquisire nuove competenze mentre svolgo il praticantato. In questo momento sono determinata a realizzare le mie aspirazioni e sono sicura che il mio “alieno personale” sarà solo un compagno di viaggio, di quelli fastidiosi forse, ma niente di più.

Data ultimo aggiornamento 20 gennaio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: morbo di Crohn



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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