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Visitare una mostra d’arte rende le persone migliori, più empatiche e meno razziste

Visitare una mostra d’arte ha qualche conseguenza sul pensiero, sull’atteggiamento nei confronti del prossimo e della società? La domanda è al centro di uno studio molto originale, nel quale i ricercatori dell’Università di Vienna hanno cercato di capire se l’esperienza artistica abbia ripercussioni o meno sulla psiche, e se sì di che portata e durata. Come riportato su Psychology of Aesthetics Creativity and the Arts, la mostra utilizzata come test è stata quella del Dom Museum della capitale austriaca dedicata alle ferite (Zeig mir deine Wunde), che affrontava il tema da più punti di vista, sia contemporanei che del passato della storia dell’arte. Si trattava, quindi, di una mostra particolarmente adatta a saggiare le ripercussioni in ambiti quali Gla xenofobia, il razzismo, l’accoglienza di rifugiati e così via. In una prima fase, gli autori hanno interrogato un gruppo di una quarantina visitatori subito prima e subito dopo la visita, e hanno dimostrato che la visione delle opere aveva modificato la percezione e il sentimento, aumentando l’empatia e la predisposizione all’accoglienza. 

Nella seconda fase, hanno chiesto a un altro gruppo (sempre di una quarantina di persone) di installare una app nel proprio cellulare, e di rispondere ad alcune domande sui propri pensieri e comportamenti per un paio di settimane, allo scopo di verificare la durata dell’effetto. La visita era avvenuta a metà del periodo. Il risultato dell’analisi ha confermato che, nel giorno della partecipazione alla mostra, tutti avevano pensieri e sollecitazioni positive sul tema, e mostravano una maggiore apertura. Ma poi si è visto anche che l’effetto tendeva a rimanere per tutta la settimana successiva, rendendo le persone più riflessive e consapevoli.

La conclusione non può che essere, quindi, una promozione a pieni voti per l’arte – specie se contemporanea e incentrata su tematiche sensibili (come l’ultima Biennale di Venezia, intitolata Stranieri ovunque) come veicolo per aumentare la consapevolezza delle crisi e la predisposizione a essere parte delle soluzioni, e a non chiudersi nella diffidenza, quando non nell’odio verso l’altro. 

Lo studio ha poi inaugurato una collaborazione inedita tra mondo scientifico e mondo artistico, che entrambi i partner intendono mantenere. Il prossimo lavoro sarà su una mostra aperta sempre al Dom Museum fino al prossimo 25 agosto, intitolata Essere mortali.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 8 agosto 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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