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Sono 37.000 anni che l’uomo convive con centinaia di microrganismi patogeni

L’uomo convive con i patogeni da migliaia di anni, e le infezioni hanno avuto un picco in coincidenza con la domesticazione degli animali: questo era noto. Ciò che non si conosceva, però, è la quantità di virus, batteri funghi e altri microrganismi che hanno infettato l’umanità nei primi millenni della specie. Ma ora c’è un numero: almeno 241. Il quadro è infatti molto più chiaro, grazie a uno studio condotto dai ricercatori delle Università di Cambridge e Copenaghen, e pubblicato su Nature. In esso gli autori hanno sequenziato i resti (per lo più ossa e denti) di 1.300 individui preistorici di varie epoche e di diversa provenienza, i più antichi dei quali risalenti a 37.000 anni fa. E i risultati hanno permesso di tracciare una mappa spaziotemporale dei patogeni che hanno imperversato per l’Eurasia. Molti di essi sono presenti ancora oggi e per altri come la peste (Yersinia pestis) è stata rinvenuta la più antica traccia mai descritta (5.500 anni fa). E’ emersa, inoltre, una vera e propria esplosione di infezioni di vario tipo circa 5-6.000 anni fa, cioè quando l’uomo ha iniziato ad addomesticare gli animali e, quindi, a vivere a contatto sempre più stretto con essi. In quel momento ci sono stati probabilmente molti salti di specie (spillover), con mutazioni genetiche che hanno permesso l’adattamento di specie tipicamente animali all’uomo. Per tale motivo, le conoscenze acquisite potrebbero essere assai utili anche oggi, per capire meglio gli spillover e individuare geni e mutazioni importanti per sviluppare nuovi vaccini e farmaci.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 21 agosto 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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