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Vino rosso e bianco sono uguali: entrambi fanno aumentare il rischio di diversi tumori

Non c’è alcuna prova del fatto che il vino rosso abbia un qualche effetto protettivo nei confronti dei tumori. Il vino rosso, come quello bianco, poiché contiene alcol, aumenta la probabilità di andare incontro a un cancro, come ha affermato l’Organizzazione Mondiale della sanità già nel 1987, e il resveratrolo, l’antiossidante cui sono state attribuite le più disparate virtù, non ha alcun effetto, da questo punto di vista.

Smonta una delle credenze più diffuse la metanalisi appena pubblicata su Nutrients dai ricercatori della Brown University School of Public Health. In essa infatti sono state analizzate 42 ricerche che hanno coinvolto poco meno di 100.000 persone, con lo scopo specifico di verificare eventuali effetti protettivi dal punto di vista oncologico. Risultato: non ce ne sono. Gli unici dati che differenziano i due tipi di vino sono quello relativo ai tumori della cute e quello generale delle donne. Il vino bianco fa aumentare entrambi, nel primo caso del 22%, nel secondo del 26%, per motivi non chiari. Secondo gli autori, il primo incremento potrebbe essere dovuto al fatto che chi beve vino bianco spesso potrebbe avere uno stile di vita più pericoloso: per esempio, potrebbe esporsi al sole senza protezioni. Tuttavia, si tratta, per ora, di supposizioni. Per quanto riguarda l’aumento generale del rischio oncologico tra le donne, i motivi sono ancora tutti da capire.

Al di là di queste sottopopolazioni e di alcuni tumori molto specifici, ciò che emerge è comunque la totale assenza di prove di qualunque effetto positivo del vino rosso e del resveratrolo rispetto all’aumento del rischio di sviluppare un tumore.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 3 aprile 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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