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La psilocibina contrasta la depressione, l’esketamina previene quella post partum

Aumenta il numero di studi e analisi che confermano le potenzialità della psilocibina, principio attivo dei funghi psilocybe, come antidepressivo. Nei giorni scorsi è stata infatti pubblicata, sul British Medical Journal, un’importante metanalisi nella quale sono stati inclusi sette studi, che hanno coinvolto un totale di 436 uomini e donne di 36-60 anni, tutti sottoposti a una psicoterapia con o senza l’ausilio di dosi piene di psilocibina, oppure di un placebo (in genere la niacina) o, ancora, di un microdosaggio dello stesso principio attivo. L’efficacia è stata misurata con una scala internazionale denominata di Hedges, nella quale un valore di 0,2 indica un effetto lieve, uno di 0,5 un effetto di una certa entità e da 0,8 in poi un effetto molto rilevante. Secondo quanto emerso, il trattamento con psilocibina in dosi piene è risultato associato a un valore di 1,64, che indica quindi un’efficacia notevole.

Tuttavia, secondo gli autori, psichiatri ed epidemiologi dell’Università di Oxford, in Gran Bretagna, restano diversi aspetti da approfondire, prima di consigliare esplicitamente l’approvazione del trattamento.

Innanzitutto, c’è una grande variabilità nei protocolli utilizzati, da ridurre prima possibile, anche mettendo a punto specifiche linee guida, che oggi mancano. Inoltre è necessario vcalutare il peso specifico della psicoterapia che accompagna il trattamento. Poi, in quetso caso specifico, la metanalisi, per sua natura, non consente di valutare se esistono persone più sensibili alla terapia, o ai suoi effetti collaterali (scarsissimi, in realtà). Infine, sarebbe necessaria una valutazione anche economica, perché negli studi condotti finora la cura è stata somministrata in ambienti protetti, calmi, con sottofondo musicale specifico, alla presenza costante di un terapeuta, nei quali i pazienti sono rimasti per diverse ore: condizioni necessarie, secondo chi studia gli psichedelici da tempo, ma anche difficili da replicare in un sistema pubblico, e che oltretutto potrebbero aver influito (positivamente) sui risultati.

Un altro studio, pubblicato sempre sul British Medical Journal, conferma poi un dato già emerso, e cioè che l’esketamina, uno dei pochissimi psichedelici (è un derivato della ketamina) approvati proprio contro la depressione, previene anche quella post partum. In questo caso infatti oltre 360 donne che avevano mostrao qualche sintomoi di depressione prima del parto sono state trattate con un’unica somministrazione endovenosa del farmaco in basso dosaggio subito dopo il parto, e poi controllate con tre diverse scale. Il risultato è stato che, 42 giorni dopo, tra coloro che erano state trattae con il farmaco l’incidenza della depressione è stata del 6,7%, mentre tra coloro che erano state trattae con un placebo del 25,4%. La riduzione è stata quindi di tre quarti. I, che significa che, ogni cinque donne trattate, si può prevenire un caso di una sindrome che può essere anche molto invalidante. Resta da capire che cosa accade alle donne già colpite da depressione più grave prima del parto, ma gli indizi sono favorevoli, ed è probabile che l’esketamina possa essere efficace anche in quei casi.

Il cammino degli psichedelici verso un impiego terapeutico prosegue con lentezza, per ragioni oggettivamente intrinseche. Tuttavia, prosegue.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 9 maggio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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