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Per contrastare l’obesità potrebbe arrivare un nuovo farmaco da assumere per via orale

Per ora si tratta di uno studio di fase 2, che attende quindi la conferma della fase 3, quella finale su un campione ampio di volontari. Ma se ciò che si è visto finora sarà visto di nuovo, la terapia dell’obesità potrebbe andare incontro a un’autentica rivoluzione. Perché il farmaco chiamato orforglipron, che ha lo stesso meccanismo d’azione degli antidiabetici della classe della semaglutide (e cioè simula un ormone prodotto dall’organismo, chiamato GLP-1), ha un vantaggio che potrebbe consentirgli di spazzare via la concorrenza: si somministra per via orale, perché ha caratteristiche diverse da quelle (proteiche) della semaglutide e simili, e non viene metabolizzato nello stomaco.

Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, è stato condotto su 272 obesi (cn un indice di massa corporeo medio di 37,9, essendo la soglia dell’obesità pari a 30), trattati con un placebo o con il farmaco entrambi assunti per via orale per 26 settimane, poi prolungate fino a 36. Il gruppo che ha assunto orforglipron, dopo 26 settimane aveva perso tra l’8,6 e il 12,6% di peso, mentre quello di controllo solo il 2%. Alla 36esima settimana, poi, i valori erano stati, rispettivamente, compresi tra -9,4 e -14,7% per i trattati e 2,3% per i controlli. Inoltre, durante le 36 settimane, tra il 46 e il 75% delle persone trattate ha perso almeno il 10% del peso, mentre solo il 9% di coloro che avevano assunto il placebo lo ha fatto. Anche le misurazioni cardiometaboliche hanno confermato i benefici della riduzione del peso, a fronte di effetti collaterali non gravi, e per lo più di tipo gastrointestinale (simili a quelli già osservati con i farmaci iniettabili), che comunque hanno costretto tra il 10 e il 17% dei partecipanti a interrompere la terapia. Si attendono dunque gli esiti dell’ultima fase, ma vista l’entità dell’effetto, è legittimo essere ottimisti.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 8 settembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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