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La concentrazione di antiossidanti del tè verde dipende dallo smalto della teiera

Non tutti gli smalti da ceramica sono uguali, ai fini del discioglimento delle sostanze benefiche contenute nel tè verde nell’acqua calda, della loro conservazione nell’infusione e della liberazione degli aromi. Lo dimostra un interessante studio giapponese, nel quale sono stati valutati diversi tipi di smalto tra i più comuni, per verificare se i polifenoli, le catechine e gli altri antiossidanti presenti subissero modifiche o meno, così come i composti volatili che si sprigionano con il calore, e quale fosse la stabilità nel tempo dei principi attivi.

I ricercatori del Nagoya Institute of Technology hanno infatti condotto una serie di test sui quattro tipi più comuni, ovvero Oribe, Namako, Irabo, e Toumei. Gli smalti hanno alcuni componenti di base come il feldspato, il silicio, l’alluminio gli ossidi di calcio e di sodio, ma poi hanno concentrazioni variabili di altri minerali e ossidi, che ne determinano le specificità. Così, l’Oribe è ricco di rame, che gli conferisce il classico colore verde di molte ceramiche da tè, il Namako contiene cobalto, che lo rende intensamente blu, l’Irabo ha molto ferro, che impartisce le tonalità aranciate, e il Toumei è ricco in titanio, e per questo diventa trasparente. Nei test, le foglie di tè verde sono state lasciate in infusione a 80°C per tre minuti, e poi l’acqua dell’infusione è stata messa a contatto con piccole piastre rivestite con i diversi tipi di smalto. 

Come illustrato su Science Advances, gli autori hanno notato che l’infusione, che inizialmente aveva un colore giallo brillante, dopo sei ore era cambiata in modo diverso a seconda del tipo di smalto con cui era a contatto, assumendo diverse gradazioni dei colori più tendenti al marrone. I tè messi a contatto con Oribe, Namako, e Irabo avevano livelli decisamente più bassi degli antiossidanti epicatechina, epicatechina gallato, epigallocatechina, ed epigallocatechin-gallato,rispetto al Toumei, mentre quest’ultimo degradava soprattutto l’epigallocatechin-gallato.

Le differenze dipendono dal fatto che i minerali presenti agiscono da catalizzatori, ossidando le sostanze presenti e dando vita a molecole prima assenti ma, curiosamente, tipiche del tè nero (chiamate tearubigine e teaflavine), che si ottiene attraverso la fermentazione delle foglie fresche di tè. In altre parole, gli smalti trasformano il tè verde in tè nero, che contiene alcune molecole diverse da quello verde.

Gli smalti possono quindi influenzare grandemente il contenuto del tè verde, soprattutto se lasciato per alcune ore a contatto con le ceramiche, e questo può avere un effetto sulla slaute, soprattutto per chi è abituato a berne tutti i giorni, e a conservarlo in teiere e tazze smaltate: potrebbe assumere sostanze diverse da quelle che pensa di trovare, e meno antiossidanti di quelli previsti.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 6 ottobre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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