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La psilocibina come antidepressivo: ottimi
i risultati delle sperimentazioni di fase II

La psilocibina, principio attivo dei funghi psylocibe, ha un significativo effetto contro la depressione maggiore, e anche se non cura in modo definitivo, permette di avere una riduzione dei sintomi che, specie se accompagnata da una terapia di supporto, potrebbe aiutare davvero molto i pazienti.

Negli ultimi anni, gli psichedelici sono tornati all’attenzione del grande pubblico e dei ricercatori grazie a una serie di studi condotti con criteri scientifici che ne stanno dimostrando l’efficacia, al punto che si oparla di Rinascimento Psichedelico. Tra questi ora va incluso anche quello pubblicato su JAMA da alcuni di coloro che, nelle più importanti università degli Stati Uniti come la Johns Hopkins di Baltimora, maggiormente hanno contribuito a ottenere dati certi tra i quali, come coordinatore, Roland Griffith, che studia gli psichedelici da decenni. In esso infatti un centinaio di pazienti di età compresa tra i 21 e i 65 anni, tutti con una diagnosi di depressione maggiore, con sintomi anche gravi, che facevano riferimento a 11 centri negli Stati Uniti, sono stati trattati con 25 milligrammi di psilocibina o di placebo (in questo caso 100 mg di niacina, un aminoacido che ha qualche debole effetto sul sistema nervoso, per evitare che fosse troppo evidente la differenza tra i due gruppi, visto l’effetto allucinogeno della psilocibina) al giorno, insieme a un supporto psicologico, per una quarantina di giorni. Alla fine del trattamento, sono stati misurati i parametri tipici della depressione come il punteggio Montgomery-Asberg Depression Rating Scale (MADRS), che va da 0 a 60, e la Sheehan Disability Scale, che misura appunto la disabilità associata alla depressione grave, in tempi diversi quali al giorno 8 e al giorno 43.

Ebbene, la psilocibina è stata associata a una riduzione significativa dei sintomi, rispetto alla niacina, in media di 12,3 punti della MADRS, al giorno 43, e di 12 punti al giorno 8, e anche a una riduzione significativa (di 2,3 punti) della scala di disabilità. L’effetto della psilocibina, inoltre, pur non essendo risolutivo, è stato nettamente più prolungato nel tempo rispetto a quello della niacina. Non ci sono stati eventi avversi né effetti collaterali degni di nota, anche se quei pochi che si sono verificati sono stati più frequenti tra i trattati con psilocibina.

Lo studio è molto importante, perché è difficile misurare questo tipo di effetti avendo a che fare con sostanze che inducono dissociazioni sensoriali, ma è ormai sempre più evidente che la psilocibina potrebbe diventare presto un antidepressivo più efficace e meno tossico rispetto a quelli in uso. A tale scopo, però, occorrono campioni ampi di pazienti controllati secondo parametri oggettivi. Si attende ora la fase III, già avviata, che potrebbe sancire la consacrazione ufficiale.


Data ultimo aggiornamento 18 settembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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