OMS
L’esperienza del Covid aiuta
ad arginare il "vaiolo delle scimmie"
di Agnese Codignola
A metà agosto, l’OMS ha rotto gli indugi e dichiarato una nuova emergenza sanitaria globale, o public health emergency of international concern: quella che arriva dalla diffusione rapida e poco controllata del virus del vaiolo delle scimmie (o mpox), già presente in Africa, Europa e Asia. Si teme infatti che il virus (molto simile a quello del "classico" vaiolo), che ha già provocato oltre 500 morti, e che continua a diffondersi, possa raggiungere e ampliare ulteriormente la sua diffusione, ed eventualmente mutare, diventanto più contagioso e aggressivo.
È bene però precisare che, nonostante il nome, il vaiolo delle scimmie non è "nato" in questi animali, ma probabilmente in piccoli mammiferi (soprattutto roditori) africani. Il nome (Monkeypox in inglese) deriva dal fatto che il virus è stato identificato la prima volta nelle scimmie. Questi animali, effettivamente, possono essere infettati dal virus e possono trasmetterlo, ma non sono più considerati il serbatoio naturale. Dunque dalla fine del 2022 le autorità sanitarie internazionali hanno deciso di utilizzare il termine mpox.
Ma torniamo alla dichiarazione dell’OMS: questa presa di posizione dovrebbe far attivare, da parte dei singoli stati, una serie di provvedimenti quali l’avvio dei piani pandemici, l’adozione di misure preventive, l’acquisto di vaccini (ne esistono tre relativamente efficaci) e dispositivi come le mascherine e un aumento dei controlli, anche se la stessa OMS ha sottolineato che la situazione è molto diversa rispetto a quella del Covid 19, sia perché esistono già i vaccini, sia perché molti Paesi sono più preparati a fronteggiare le pandemie, e sia perché, infine, alcune persone hanno una qualche forma di immunità.
Il virus era già stato segnalato, solo pochi giorni prima, all’interno della nuova versione della lista delle patologie emergenti più pericolose, nella quale rientrano 33 tra virus e batteri, tra i quali chikungunya, dengue, zika, febbre del Nilo Occidentale e, appunto, mpox. Anche per questi agenti patogeni, infatti, i focolai si stanno moltiplicando anche nelle aree a clima temperato, in modo direttamente proporzionale al riscaldamento del clima e ai viaggi e ai commerci intercontinentali, al punto che alcuni di essi, ormai, sono endemici anche a latitudini alle quali, fino a pochi anni fa, era impensabile trovarne.
Alcuni di questi microrganismi sono destinati a restare, come documentano i diversi casi di persone infettate senza aver mai viaggiato o essere entrate in contatto con persone che lo hanno fatto. Per questo l’OMS ha richiamato tutti all’attenzione, alla segnalazione dei casi, all’assunzione di responsabilità collettiva, alla preparazione dei piani pandemici nazionali e internazionali, pubblicando la nuova lista. A compilarla hanno provveduto oltre 200 esperti internazionali di 54 Paesi, che hanno analizzato i dati di 1.652 agenti patogeni, giungendo a individuare le 33 famiglie a rischio più elevato.
Secondo gli studi, le stime e le valutazioni dei massimi esperti mondiali, è in quella lista che potrebbe annidarsi il nuovo responsabile della prossima pandemia, e sarebbe opportuno non farsi trovare impreparati come è accaduto con SARS-CoV-2, l’agente infettivo del Covid 19 (il coronavirus che le previsioni precedenti, colpevolmente inascoltate, indicavano come una delle famiglie virali a maggior rischio). Vista anche quella lezione, ora si cerca di fare meglio.
IL NUOVO ELENCO - La lista appena pubblicata, come visto, contiene ben 33 nuovi possibili agenti patogeni potenzialmente responsabili di epidemie e pandemie, rispetto alla dozzina dell’ultimo elenco, reso noto nel 2018, la maggior parte dei quali sono virus contro i quali non esistono terapie specifiche, e che solo in parte possono essere prevenuti con un vaccino già disponibile.
Le famiglie più rappresentate sono quelle dei virus influenzali di tipo A, come quelli che, a partire da aprile, hanno fatto un doppio salto di specie passando dai volatili alle mucche da latte, e da queste a una ventina di lavoratori negli Stati Uniti, e come quelli responsabili di diverse epidemie degli anni e secoli scorsi. Da quando esiste l’epidemiologia, i virus influenzali sono tra i più temuti, per la loro estrema capacità di mutare e di adattarsi a ospiti sempre nuovi, e hanno provocato centinaia di milioni di morti, nella storia.
Due altri grandi gruppi sono quelli dei Sabercovirus e dei Merbecovirus, cioè le famiglie a cui appartengono, rispettivamente, proprio i coronavirus come SARS-CoV-2 e i loro parenti molto stretti, i virus della MERS o Middle East Respiratory Syndrome. Nonostante la pandemia, i coronavirus sono ancora in cima alla lista degli agenti patogeni più pericolosi, perché i membri delle rispettive famiglie sono decine, e nuovi spillover (passaaggi dagli animali agli esseri umani) potrebbero avvenire in qualunque momento, peraltro con modalità non troppo diverse da quelle già verificatesi.
E poi c’è appunto il virus del vaiolo delle scimmie, ribattezzato mpox, che in questo momento sta provocando un’epidemia in 16 Paesi dell’Africa Centrale, ma che è già stato identificato anche in Europa e Asia.
Il vaiolo che colpiva gli esseri umani, e ha flagellato l’umanità per secoli, è stato dichiarato eradicato da tutta la Terra nel 1980, e per questo pochi anni dopo le campagne vaccinali sono state interrotte, o molto ridotte. Oggi, molte delle persone nate dopo il 1980 non sono state vaccinate, e si ritrovano così senza alcun tipo di immunità contro questa folta famiglia di virus che colpisce molte specie animali. Anche per questo ora è stata dichiarata l’emergenza: affinché alcune persone a rischio per diversi motivi siano vaccinate.
Nel 2022, poi, sono giunte le prime segnalazioni di un passaggio all’uomo di vaiolo delle scimmie, cioè di una forma fino ad allora tipica dei primati non umani, in 11 Paesi centrafricani, al punto che già allora era stata dichiarata l’emergenza globale. La reazione, in quel caso, è stata abbastanza rapida, perché erano disponibili tre vaccini che, per quanto non ottimali, erano in grado di contenere l’epidemia. Ma nelle ultime settimane l’allarme è tornato alto, perché il virus che si sta diffondendo è diverso dal primo, molto più contagioso e letale, e capace di trasmettersi per via sessuale, per il contatto di fluidi corporei attraverso la pelle e probabilmente per via respiratoria e per contatto le carni animali, anche se sulle modalità di trasmissione c’è ancora qualche dubbio. Inoltre, le vaccinazioni sono state somministrate in quantità insufficienti e anche per questo la nuova epidemia, iniziata nella Repubblica Democratica del Congo, si sta diffondendo ai Paesi vicini e al momento è presente appunto in 16 di essi.
Poi c’è il virus della dengue, che nei mesi scorsi ha provocato una situazione molto critica in Brasile, con oltre tre milioni di casi e 1.100 decessi, mentre le stime affermano che ogni anno in tutto il mondo le persone infettate siano 400 milioni, e che i decessi siano tre milioni. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità italiano il virus dengue, veicolato da alcuni tipi di zanzare, è ormai endemico anche in Italia, dove i casi sono registrati tra gennaio e i primi giorni di agosto sono oltre 320. Per fortuna, contro la dengue è stato messo a punto un vaccino molto efficace, anche se è ancora poco disponibile, e costoso.
Nella lista si trovano poi alcuni virus trasmessi dai roditori e il Nipah, trasmesso dai pipistrelli. Inoltre sono presenti i Togaviridae, famiglia cui appartiene chikungunya (contro il quale è appena stato approvato anche in Europa un vaccino molto efficace), veicolata dalle zanzare come la tigre. In Italia nell’ultimo semestre sono stati segnalati otto casi, tutti in persone che avevano viaggiato in paesi a rischio.
Sono stati poi inseriti nell’elenco agenti patogeni classici come quelli del colera, della peste, di varie forme di dissenteria e diarrea come le salmonelle e polmoniti come quelle da klebsielle. I governi sono quindi invitati a predisporre tutto il possibile: dalle scorte di dispositivi come guanti e mascherine all’acquisto di scorte di antivirali, quando esistenti, e soprattutto vaccini, al finanziamento di campagne di prevenzione per esempio attraverso la disinfestazione contro le zanzare.
Nessuno, dopo la pubblicazione del nuovo documento, può chiamarsi fuori e, visto quanto accaduto con il Covid, dovrebbe farlo. L’aumento di queste malattie è il frutto diretto del riscaldamento del clima, dell’urbanizzazione selvaggia, dei viaggi e dei commerci intercontinentali: si deve prendere atto della mutata situazione, e agire.
GLI OUTSIDER - Nelle ultime settimane, poi, alcuni nomi si sono conquistati le prime pagine di diversi media internazionali, e anche se non sono nella lista dell’OMS, sono emblematici della situazione globale, e potrebbero entrare nella prossima. Tra questi quello del virus Chandipura, che tra giugno e luglio ha colpito 148 persone in India. Il caso sta suscitando allarme perché il virus colpisce soprattutto i bambini, e ha una mortalità elevatissima. Finora, infatti, ne sono deceduti 59, e il tasso di letalità è quindi del 40%. In più, l’infezione uccide perché provoca una grave infiammazione acuta del cervello, che di solito non concede più di uno o due giorni alla vittima. Per il momento si tratta di una crisi locale che, oltretutto, sarebbe in fase calante. Tuttavia, ciò che preoccupa è che il virus, ancora una volta, è trasmesso da insetti, in questo caso i flebotomi o pappataci.
Solo poche settimane prima la stessa sorte era toccata al virus oropuche, emerso in Brasile e in altri paesi del Sud America. In questo caso l’infezione non è mortale, ma può provocare anomalie fetali come il virus zika, e altre c0nseguenze talvolta gravi, soprattutto a òivello nervoso. Non esistono terapie né vaccini. Inoltre, anch’esso è trasmesso da zanzare, in quel caso la Culicoides paraensis, simile a un moscerino, che si nutre di sangue e in questo modo veicola il virus.
Infine, circolano ormai in Europa malattie non mortali ma comunque pericolose (soprattutto nella forma che colpisce il cervello) come la febbre del Nilo Occidentale, veicolata dalle normali zanzare Culex pipiens. Secondo l’ultima indagine sul campo dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie, l’analisi di oltre 1.600 campioni di zanzare catturate in 92 trappole poste nella la parte nordorientale dell’Italia (Veneto e Friuli Venezia Giulia) ha rivelato che circa l’1% è infetto e può quindi trasmettere la malattia.
COME EVITARE DI FARSI PUNGERE - Sempre l’Istituto, riferimento europeo per il monitoraggio di diversi tipi di infezioni, ha pubblicato le raccomandazioni su come difendersi da zanzare che oggi non sono solo più fastidiose. Eccoli:
Uso di repellenti cutanei:
Utilizzare prodotti registrati come Presidi Medico Chirurgici (PMC) dalle autorità sanitarie, o come Biocidi secondo il regolamento (UE) n. 528/2012. I prodotti di comprovata efficacia sono quelli contenenti i seguenti principi attivi: Dietiltoluamide (DEET), Icaridina (KBR 3023), Etil butilacetilaminopropionato (IR3535) e Paramatandiolo (p-menthane-3,8-diol o PMD).
In commercio esistono diverse tipologie quali le lozioni, i roll-on, gli spray, i braccialetti, le salviette, le formulazioni spalmabili. La maggior parte dei prodotti può essere utilizzata sui bambini di età superiore ai 2 anni, ma è sempre necessario verificare quanto riportato in etichetta. Non ci sono particolari problemi di utilizzo in gravidanza o in allattamento, tuttavia è consigliato limitare le applicazioni.
Per quanto riguarda i prodotti repellenti a base di estratti vegetali, occorre controllare sull’etichetta che si tratti di un prodotto registrato come PMC o Biocida. Attualmente sono registrati prodotti a base di eucalipto e geraniolo. I formulati a base di citronella, lavanda e bergamotto non garantiscono invece un’efficacia adeguata. Inoltre, un prodotto non registrato non è stato testato per possibili conseguenze derivanti dal suo uso, e va quindi considerato un prodotto non sicuro.
Ambienti e abbigliamento:
Eliminare tutti i contenitori che possono accumulare acqua anche in piccole quantità, come i sottovasi, e ricordarsi di tenerli sempre capovolti.
Evitare il ristagno di acqua nei sottovasi, oppure svuotarli almeno una volta alla settimana: le uova di zanzara non si sviluppano e le larve vengono eliminate.
Mettere pesci in fontane e vasche all’aperto: si nutrono delle larve di zanzare.
Coprire con zanzariere o teli di plastica vasche e bidoni, senza lasciare fessure: così si impedisce alle femmine di deporre le uova.
Trattare i tombini privati e le vasche all’aperto con larvicidi, seguendo le istruzioni in etichetta.
Utilizzare zanzariere alle finestre. Anche l’aria condizionata tiene lontano le zanzare.
Indossare vestiti preferibilmente di colore chiaro, senza lasciare aree estese del corpo scoperte.
Data ultimo aggiornamento 24 agosto 2024
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