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Vaccini stabili a temperatura ambiente
grazie a una proteina dei tardigradi

I tardigradi, noti anche come orsi d’acqua, sono in realtà creature antichissime e minuscole, che misurano non più di mezzo millimetro. E che non finiscono di stupire, per le loro straordinarie capacità di adattamento, che li rendono pressoché immortali. Proprio dallo studio di una di queste caratteristiche potrebbe ora arrivare una proteina capace di rivoluzionare tutto il settore dei farmaci e vaccini che devono essere conservati alle basse temperature, a cominciare dai fattori della coagulazione indispensabili per chi soffre di patologie della coagulazione come l’emofilia. Secondo uno studio dell’Università del Wyoming appena pubblicato su Scientific Reports, infatti, i tardigradi resistono alle temperature estreme - prossime allo zero assoluto (-272 °C) o elevate fino a 150 °C – e all’irraggiamento con raggi cosmici (per migliaia di volte, “trattamento al quale nessun essere umano potrebbe sopravvivere) così come al vuoto assoluto grazie soprattutto a due proteine, chiamate CAHS D e trealosio. In base ai test effettutati, delle due, la CAHS D si è dimostrata ottimale come stabilizzante per il fattore VIII della coagulazione, il più importante, sia nella versione naturale che in quella sintetica, perché riesce a mantenerlo integro senza alcun bisogno di refrigerazione.

Saranno necessari ulteriori approfondimenti prima di arrivare a un prodotto utilizzabile da parte delle aziende farmaceutiche, ma se tutto andrà per il meglio ci potrebbero essere benefici su un grandissimo numero di sostanze, dagli anticorpi ai vaccini, dai derivati del sangue alle cellule staminali e in generale a tutti i prodotti biologici, che non sarebbero più dipendenti dalla refrigerazione. Ciò potrebbe essere utile non solo in tutte le situazioni in cui l’accesso all’elettricità non è garantito come nei paesi più poveri, nelle guerre, nelle catastrofi naturali, ma anche nello spazio, e consentirebbe di risparmiare molta energia e, quindi, emettere meno gas serra.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 marzo 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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