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Vaccinare la donna in gravidanza protegge
il bambino dal virus respiratorio sinciziale

Vaccinare la mamma per proteggere il neonato. Questa la motivazione che ha spinto la Food and Drug Administration ad approvare, per la prima volta, un vaccino di Pfizer contro il virus respiratorio sinciziale, patogeno diffusissimo, che nell’adulto solitamente provoca raffreddori e sindromi simil-influenzali, ma che nei neonati e negli anziani può dare luogo a patologie molto più gravi, che richiedono il ricovero e che talvolta possono essere mortali. Per questo, e per la recrudescenza dei contagi osservata in tutto il mondo dopo la pandemia da Covid, l’agenzia statunitense ha dato il via libera alla vaccinazione delle donne incinte a metà circa del terzo trimestre di gestazione, dopo che sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati ottenuti su 7.000 donne incinte di 18 paesi, che hanno mostrato una protezione dell’82% dalle forme gravi nei primi 90 giorni di vita dei figli. Non preoccupanti gli effetti collaterali, che sono stati soprattutto mal di testa, diarrea, dolore nel punto di iniezione, mentre si è notata duna certa tendenza ad anticipare di qualche giorno il parto, tra le donne vaccinate. Tuttavia, il rischio è considerato molto inferiore a quello dei ricoveri dei neonati causati dal virus, che sono tra i 58.000 e gli 80.000 all’anno solo negli Stati Uniti, entro i primi cinque anni di vita. Il vaccino di Pfizer, chiamato RSVpreF, era già stato approvato per gli over 60 (altra popolazione a rischio), così come quello di GlaxoSmithKline, anch’esso per gli over 60, approvato in maggio, ma per il quale l’azienda non ha intenzione di chiedere l’approvazione per le donne incinte.

Per proteggere i bambini, GlaxoSmithKline ha messo a punto, insieme alla Sanofi, un anticorpo monoclonale chiamato niservimab, anch’esso approvato dalla FDA.

La speranza è anche che, con la diffusione dell’immunizzazione, si riesca a diminuire la circolazione virale, dal momento che si stima che il virus faccia 160.000 vittime all’anno a livello globale.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 24 agosto 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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