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Un vecchio sciroppo antitosse potrebbe essere molto utile nel morbo di Parkinson

C’è uno sciroppo per la tosse utilizzato da decenni in Europa che potrebbe conoscere una seconda giovinezza: l’ambroxol. Uno studio pubblicato su JAMA Neurology dai ricercatori di alcuni centri neurologici canadesi ed europei suggerisce infatti che il composto sia non solo sicuro, ma anche – probabilmente - efficace nel rallentare la progressione del morbo di Parkinson.

L’idea di sfruttare l’ambroxol ha specifiche ragioni farmacologiche. Il principio attivo agisce infatti innalzando un enzima chiamato β-glucocerebrosidasi, che nei malati è inversamente collegato con la proteina che più caratterizza la malattia, l’alfa-sinucleina. Molti pazienti, a causa di una variante genica, hanno poco enzima e accumulano quindi α-sinucleina. Per questo si è pensato che tenere alti i livelli dell’enzima con l’ambroxol potesse essere un’ipotesi da approfondire. Nello studio 55 pazienti sono stati trattati con due dosi di ambroxol o con un placebo per un anno, e alla fine il risultato è stato che il farmaco è sicuro e raggiunge il cervello in concentrazioni adeguate. Inoltre, anche se non ci sono ancora tutti i dati per dirlo con certezza, coloro che appartenevano al gruppo di controllo, trattato con il placebo, erano decisamente peggiorati, mentre negli altri la neurodegenerazione si era fermata, i sintomi psichiatrici non erano peggiorati e anche uno specifico marcatore del sangue era rimasto stabile. Inoltre, in alcuni pazienti con una variante genica specifica, c’erano segni di miglioramento cognitivo.

Ci soni quindi i presupposti per passare alla fase 3 della sperimentazione, quella che viene fatta su un numero consistente di pazienti. Se tutto andrà come si spera, l’ambroxol potrebbe diventare, entro qualche anno, un nuovo-vecchio farmaco per contrastare il Parkinson.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 24 luglio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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