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Un nuovo rapporto dell’OMS mostra che
la fertilità è in crisi in tutto il mondo

Nel mondo, una persona su sei (una percentuale che va dal 16,5 al 17,8% della popolazione in età fertile), in qualche momento della propria esistenza, deve fare i conti con l’infertilità, cioè con il fatto che, dopo un anno di tentativi (siano essi rapporti sessuali regolari tra un uomo e una donna oppure pratiche per la riproduzione assistita), non riesce a concepire un figlio. Lo afferma l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che mette in evidenza come il calo delle nascite sia visibile in tutti i paesi, sia negli uomini che nelle donne, a prescindere dal livello di sviluppo economico o di istruzione, e come l’unica discriminante sia il fatto che nei paesi più sviluppati un numero più elevato di coppie può ricorrere a metodi alternativi rispetto al concepimento naturale, sempre molto costosi. Il documento, che è il risultato dell’elaborazione di 133 studi di vario tipo effettuati nel mondo tra il 1990 e il 2021, non spiega perché si stia verificando questa difficoltà a concepire, ma chiede a tutti i paesi di garantire l’accesso gratuito alle tecniche assistite i cui oneri, con i prezzi attuali (tipicamente alcune migliaia di euro), nei paesi più poveri corrispondono a più di un intero anni di lavoro, e sono quindi del tutto inaccessibili da parte della stragrande maggioranza della popolazione.

Nei prossimi mesi, secondo quanto annunciato, l’OMS dovrebbe rendere note le sue linee guida per arginare il fenomeno, a cominciare da un netto miglioramento delle indagini che permettono di individuare per tempo le cause di infertilità, quando possibile, per porvi rimedio (per esempio quando c’è un’infezione), per arrivare appuntio alle iondivazioni sulla fertilizzazione in vitro e a quelle relative ai dirtitti delle coppie omoparentali.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 13 aprile 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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