Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

Un fegato già malato e poi maltrattato:
è stato questo a uccidere Beethoven

Con ogni probabilità, è stata una tempesta perfetta, un insieme micidiale di fattori genetici, virus e pessime abitudini a uccidere Ludwig van Beethoven nel 1827. Il grande compositore tedesco, che aveva iniziato a presentare tutti i sintomi di una grave malattia epatica (tra i quali l’ittero, la debolezza e il gonfiore alle estremità) nel dicembre del 1826, e che è deceduto pochi mesi dopo, sarebbe infatti morto per una cirrosi epatica legata al consumo di alcol, insorta nel suo fegato di portatore dei geni dell’emocromatosi ereditaria, una grave patologia anch’essa epatica e, come se non bastasse, in presenza di virus dell’epatite B, di cui sono state trovate tracce. Non ci sono prove definitive, ma le nuove indagini genetiche condotte dai ricercatori dell’Università di Oxford, specializzati in questo tipo di esami, su capelli prelevati dal suo cranio, hanno permesso di definire, grazie al sequenziamento di due terzi del suo genoma, un quadro altamente probabile, illustrato su Current Biology insieme alla storia genmeitca della sua famiglia e dei suoi avi.

Gli esami non hanno fatto luce, invece, sui motivi della sordità, dovuta a un’otosclerosi (una fusione di due ossicini dell’orecchio interno) le cui cause restano ignote.

Come sottolineato anche in un articolo su Nature, il significato di questo studio va anche oltre, perché dimostra come oggi, con le tecnologie più moderne, sia possibile ottenere più informazioni rispetto al passato, e contribuire così a risolvere enigmi che hanno resistito per secoli, come in questo caso, o che, nel presente, si basino su materiali fino a poco tempo fa considerati del tutto insufficienti.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 29 marzo 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA