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Un farmaco e una terapia cognitivo-comportamentale sconfiggono la fatigue

Secondo le stime dei neurologi, circa il 90% di chi soffre di sclerosi multipla è colpito da fatigue, l’affaticamento cronico così intenso da compromettere seriamente la qualità di vita, e contro il quale non esistono terapie specifiche. Ora però una soluzione arriva da uno studio clinico pubblicato dai ricercatori del Multidisciplinary MS Fatigue and Sleep Clinic at University of Michigan Health, nel quale sono state verificate le potenzialità di un farmaco, il modafinil, normalmente consigliato a chi soffre di eccessive sonnolenze, e dalla terapia cognitivo-comportamentale (CBT), somministrati singolarmente o insieme (la prima virtualmente).

Come riportato su Lancet Neurology, nel trial oltre 330 pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi, uno per ciascuna delle due terapie singole e uno per la combinazione. Dopo 12 settimane di cure, il risultato è stato che sia il modafinil da solo che la CBT da sola che l’insieme delle due avevano migliorato in misura significativa la fatigue, misurata secondo una scala riconosciuta a livello internazionale (chiamata Modified Fatigue Impact Scale). L’approccio basato sulla combinazione non aveva però apportato benefici ulteriori rispetto alle due cure somministrate singolarmente, mentre l’effetto collaterale principale era stato, per il modafinil, l’insonnia e, in alcuni casi, l’ansia.

I dati hanno quindi dimostrato che contrastare efficacemente la fatigue è possibile. Inoltre, dal momento che più del 60% dei partecipanti ha avuto un beneficio, è probabile che la prima cosa da fare sia affrontare la fatigue con tutta la serietà che questa condizione merita. Fino a pochissimo tempo fa, infatti, la si dava per scontata, e non si provava neppure a eliminarla o a tenerla sotto controllo. Ora questo è ingiuistificabile: la fatigue va combattuta. 

Presto tutto questo potrebbe quindi cambiare: la CBT, specie se in modalità telematica, è a disposizione di chiunque, e il modafinil è già in commercio.

Infine, dall’analisi dei pazienti è emersa ancora una volta l’importanza cruciale di una buona qualità del sonno (spesso carente nei malati do sclerosi multipla), nel diminuire il rischio di fatigue.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 ottobre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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