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Un farmaco antipertensivo
contro la sclerosi multipla

Un farmaco orale contro l’ipertensione, il guanabenz, potrebbe essere attivo anche contro la sclerosi multipla. Lo suggeriscono i dati appena pubblicati sulla rivista Nature Communication dai neurologi dell’Università di Chicago (Stati Uniti) che - partendo da osservazioni presenti in letteratura ma sporadiche - hanno sperimentato l’efficacia della molecola prima in vitro e poi su animali.

I ricercatori hanno concentrato l’attenzione, in particolare, su cellule nervose chiamate oligodendrociti, che, all’interno del cervello, hanno il compito di riparare i danni alla mielina (la sostanza che riveste le fibre nervose) tipici della sclerosi multipla. Riproducendo in laboratorio condizioni simili a quelle della malattia, e trattando gli oligodendrociti con il guanabenz, gli studiosi hanno visto che i danni alla mielina erano molto minori, rispetto a quelli che si erano verificati quando il farmaco non era presente. Allo stesso modo, somministrando il guanabenz agli animali da laboratorio, gli studiosi hanno misurato un ritardo nella manifestazione dei sintomi tipici della sclerosi multipla, comprovato dalla maggiore integrità della mielina e in generale da un’evoluzione più lenta e attenuata.

Il guanabenz è già in uso e non comporta effetti collaterali gravi; in più, test effettuati dai neurologi americani hanno mostrato che il farmaco lascia inalterate le cellule sane. Ora gli studi proseguiranno per verificare la possibilità di usare il guanabenz anche su un gruppo selezionato di persone con la sclerosi multipla. 


Data ultimo aggiornamento 13 marzo 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: ipertensione, oligodendrociti



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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