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Un endocannabinoide dato localmente
aiuta a contrastare la dermatite da lupus

Per ora si tratta di modelli animali, ma se i risultati ottenuti su di essi dovessero essere confermati nell’uomo, le persone che soffrono della forma cutanea di lupus eritematoso potrebbero avere a disposizione un nuovo trattamento, basato su una sostanza prodotta dallo stesso organismo, in una formulazione innovativa. La molecola è l’anantamide, un endocannabinoide, cioè una sostanza simile ai principi attivi della cannabis come il CBD e il THC, che l’organismo umano produce spontaneamente, e per i quali ha specifici recettori, e che è nota per avere effetti immunomodulatori e antinfiammatori. Come riportato su Experimental Dermatology, i ricercatori del dipartimento di dermatologia della Washington University hanno messo a punto una formulazione locale in nanoparticelle, che viene assorbita dalla cute ed esercita solo lì la sua azione, e l’hanno somministrata ai modelli animali della malattia. Dopo dieci settimane di trattamento dato due volte alla settimana, i topi che avevano ricevuto anandamide in nanocapsule hanno mostrato una chiara diminuzione delle lesioni, diventate più piccole e meno irritate, con diminuzione delle citochine infiammatorie come l’interleuchina 6, mentre quelli di controllo hanno avuto un aggravamento o comunque nessun miglioramento. Inoltre, la formulazione in nanoparticelle è stata molto più efficace di quelle tradizionali, nelle quali il principio attivo era stato semplicemente disciolto. Ora i test proseguono, ma se tutto fosse confermato, i pazienti potrebbero passare da trattamenti non specifici come le creme a base di cortisonici a una cura molto più efficace, specifica e, per ciò che si è visto finora, priva di effetti collaterali.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 dicembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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