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Un colorante verde potrebbe diventare
l’antidoto per il più mortale dei funghi

L’intossicazione da amanita phalloides, uno dei funghi più letali al mondo, che ancora oggi causa centinaia di decessi all’anno, e contro la quale non esiste alcun tipo di rimedio, potrebbe presto essere contrastata da un antidoto identificato dai ricercatori dell’Università di Guangzhou, in Cina. Sfruttando un approccio che li aveva già condotti, nel 2019, a identificare un antidoto per il veleno di una pericolosissima cubomedusa mortale (chiamata Chironex fleckeri), i ricercatori hanno sottoposto delle cellule umane a una serie di mutazioni con la tecnica del CRISP-Cas9, che permette appunto di mutare facilmente singoli geni, per verificare se esistessero mutazioni capaci di rendere le cellule insensibili al veleno e, quindi, proteine essenziali per lo stesso. Quindi le hanno esposte al principio attivo del fungo, chiamato alfa amanitina, noto per essere uno dei veleni più potenti mai descritti, e hanno effettivamente capito che, affinché esso penetri nelle cellule umane, c’è bisogno di un enzima insospettabile, perché utilizzato per aggiungere zuccheri a certe molecole, chiamato STT3B. Anche se non si è ancora capito esattamente perché, le cellule che non lo possiedono, quasi sempre sopravvivono all’avvelenamento.

Come hanno riferito su Nature Communications, il passaggio successivo è stato quello di analizzare 3.200 composti per cercarne uno capace di bloccare questo enzima, e la risposta è stata ancora più sorprendente: il migliore si è infatti rivelato essere un colorante brevettato dalla Kodak negli anni cinquanta per lo sviluppo delle fotografie, il verde indocianina, già approvato per alcuni esami medici come quelli dell’occhio da FDA ed EMA. Sperimentato su cellule, su organoidi di fegato e su modelli animali, il verde indocianina si è confermato efficace: metà degli animali è sopravvissuta, contro il 10% del gruppo di controllo.

Restano da chiarire alcuni aspetti quali la tempistica. Negli esperimenti, sono infatti passate quattro ore tra l’assunzione del veleno e quella dell’antidoto, ma nella realtà, di solito, le persone arrivano in ospedale molte ore dopo, non capendo subito la gravità della situazione. Inoltre, è necessario definire meglio i dosaggi. L’aspetto positivo, però, è che la sostanza è ritenuta innocua, ed è già approvata. Il suo arrivo nei Printo Soccorso degli sopedali potrebbe essere quindi relativamente vicino.

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 19 maggio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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