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Un’alga bruna contiene un principio attivo potenzialmente efficace contro il Parkinson

Un’alga bruna, la Ecklonia cava, potrebbe fornire una terapia protettiva nei confronti della morte delle cellule nervose tipica del morbo di Parkinson, grazie alla concentrazione di antiossidanti presenti. L’ipotesi arriva dal Giappone, dove i ricercatori dell’Università di Osaka hanno effettuato una serie di test su modelli animali alimentati con estratti di ecklonia cava oppure con la dieta abituale per una settimana, e poi trattati con una molecola che danneggia i neuroni, il rotenone. Come riferito su Nutrients, gli animali che avevano assunto l’alga hanno mostrato performance migliori in due tipi di test che misurano la mobilità, a conferma della protezione esercitata dall’Ecklonia sui neuroni che regolano il movimento. Volendo capire meglio, i ricercatori hanno poi condotto altri esperimenti, e hanno così dimostrato che gli antiossidanti riescono a contrastare le specie reattive derivate dall’ossigeno che danneggiano le cellule nervose e, in questo modo, a prevenire la neurodegenerazione tipica del Parkinson. Inoltre, anche la mucosa intestinale mostra segni di miglioramento. Occorreranno altri test prima di passare all’uomo, ma le alghe si confermano sempre di più fonti di possibili terapie, oltreché di nutrienti nobili, e di molto altro.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 24 ottobre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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