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Tumori e malattie autoimmuni: nuove
cure con la tecnica dei vaccini a mRNA?

di Agnese Codignola

Lo scorso 2 ottobre la consacrazione e la visibilità dell’RNA messaggero o mRNA hanno raggiunto il culmine, con il premio Nobel per la medicina e la fisiologia assegnato ai due pionieri del campo, Katalin Karikò e Drew Weissman, che nel 2021 avevano già ricevuto quello che viene considerato il secondo premio più prestigioso, e quasi sempre l’anticamera del Nobel, il Lasker Prize. In realtà, l’opinione pubblica mondiale aveva iniziato a familiarizzare con il termine mRNA fino dall’arrivo dei primi vaccini anti-Covid quando, grazie a essi, aveva potuto intravvedere una via di uscita dall’incubo della pandemia. E aveva già appreso, via via che l’immunizzazione procedeva, che solo grazie a questa tecnica era stato possibile ottenere due vaccini estremamente efficaci in soli 11 mesi: un tempo impensabile, nella vaccinologia classica. 

In realtà, da molti anni si stava cercando il modo di sfruttare le caratteristiche uniche degli mRNA, frammenti di codice genetico a filamento singolo che normalmente servono da stampo, cioè copiano le sequenze contenute in un gene specifico (un tratto del DNA) e le traducono in proteine. Si pensava da tempo che questi “stampi” potessero essere sfruttati per far sintetizzare all’organismo proteine su misura, in base alle più diverse esigenze, ma non si riuscivano a superare alcuni ostacoli tecnici. Poi, in seguito all’accelerazione data dalla crisi pandemica, e agli ingenti finanziamenti arrivati, le difficoltà sono state velocemente superate, e ora il settore è talmente promettente che è stato coniato un termine inglese ad hoc: RNAissance, qualcosa come RNAscimento, a indicare proprio le enormi aspettative (che in molti casi iniziano a essere realtà concrete) che nascono dalla possibilità di sfruttare questi sintetizzatori biologici per “somministrare” al corpo le più diverse proteine. 

Ecco i principali settori sui quali è puntato l’interesse di ricercatori e aziende:

VACCINI - Le malattie infettive sono destinate ad aumentare, a causa del riscaldamento del clima, dei viaggi e della resistenza agli antibiotici. Già oggi virus un tempo confinati nei Paesi più caldi, come quello della dengue, stanno diventando endemici a latitudini alle quali, fino a poco tempo fa, erano sconosciuti. I vaccini a mRNA possono rappresentare una soluzione, per diversi motivi, che originano tutti dal loro funzionamento.  

Questi vaccini si basano, infatti, sulla somministrazione delle informazioni genetiche necessarie a far sviluppare dal corpo stesso l’antigene, cioè la proteina virale che stimola la risposta del sistema immunitario contro il virus, il batterio, il fungo e qualunque altro tipo di parassita lo minacci.

Al contrario, nei vaccini tradizionali, era necessario produrre prima l’antigene, estraendolo dagli agenti patogeni in vario modo, e poi facendolo moltiplicare nelle uova di gallina o su colture cellulari. La lavorazione richiedeva quindi condizioni di sicurezza biologica, con procedure delicate e complesse, e anche relativamente costose. Con l’mRNA, invece, non è necessaria alcuna struttura di biosicurezza, perché basta sapere qual è l’antigene che scatena la risposta. A quel punto si assemblano le basi genetiche della sua sequenza, e si racchiudono i frammenti di mRNA in particelle di grassi (liposomi e simili) che riescono a penetrare nell’organismo, stimolandolo a sintetizzare prima l’antigene, e poi gli anticorpi contro di esso. Ciò significa che in una provetta da 100 millilitri, teoricamente ottenibile in qualunque laboratorio di biologia molecolare, sono presenti quantità di mRNA sufficienti per immunizzare milioni di persone. 

Inoltre, l’efficacia dei nuovi vaccini si è rivelata straordinariamente alta, contro il Covid, perché è arrivata anche al 95% di protezione nei confronti delle forme più gravi. 

Tutto ciò permette di formulare velocemente nuove versioni di un vaccino già noto, nel caso in cui il microrganismo muti, come accade a SARS-CoV-2 (il coronavirus responsabile del Covid-19) e ai virus influenzali, oppure di unire più di un antigene in un unico vaccino, avendo quindi immunizzazioni multiple, o di trovare prodotti immunizzanti totalmente nuovi, anche contro microrganismi che non hanno mai aggredito l’uomo, in poco tempo, nel caso emergano nuove epidemie o pandemie. Per tutti questi motivi si stanno cercando vaccini contro le più diverse malattie infettive.

Come ricorda la rivista scientifica Nature in un articolo uscito dopo l’assegnazione del Nobel, in prima linea c’è Moderna, l’azienda statunitense che ha commercializzato uno dei due vaccini anti-Covid a mRNA, e che ora sta sviluppando vaccini contro il vaiolo delle scimmie (o mpox), contro i virus zika, chikungunya e Nipah, ma anche contro virus più diffusi come quello respiratorio sinciziale, che di solito causa raffreddori, ma che nei neonati e negli anziani può provocare infezioni molto gravi, talvolta mortali. Un altro virus contro il quale da cinquant’anni si cerca inutilmente un vaccino è il citomegalovirus, un virus della famiglia degli herpes che può causare malformazioni fetali, o infezioni molto gravi negli immunodepressi e nei trapiantati. Finora è stato impossibile mettere a punto un vaccino con i metodi classici, perché l’antigene, in questo caso, è un agglomerato di cinque diversi antigeni. Ma l’mRNA può fornire le informazioni genetiche per tutti e cinque gli antigeni. La sperimentazione è già molto avanzata: i risultati della fase II sono molto incoraggianti, e la fase III (l’ultima, prima dell’eventuale approvazione da parte delle autorità sanitarie) è al momento in corso. Altri studi riguardano coronavirus diversi da SARS-CoV-2, i virus dell’HIV, e il plasmodio della malaria. Inoltre, al momento ci sono cinque studi clinici in corso con vaccini antinfluenzali, e si tratta di sperimentazioni cruciali, visto che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la prossima minaccia potrebbe arrivare proprio da un’influenza che diventa pandemica, magari dopo aver fatto un salto di specie (l’osservata speciale, da questo pounto di vista, è l’aviaria). E la stessa Moderna sta sperimentando vaccini bivalenti per Covid e influenza.

Inoltre, si pensa che l’mRNA possa aiutare anche il trattamento farmacologico delle infezioni da batteri, laddove gli antibiotici non riescono più a essere efficaci: per esempio, sono in corso studi su uno dei peggiori, e più resistenti, il clostridium difficile, e su altri.

TUMORI - Quando la BionTech, azienda di Meinz, in Germania, ha chiamato Katalin Karikò come vicepresidente, e poi ha iniziato a collaborare con Pfizer, il suo ambito non erano i vaccini: erano i tumori. Da anni si pensava, infatti, a come rendere il sistema immunitario reattivo nei confronti di cellule molto diverse da quelle sane, come sono quelle tumorali. In parte l’obbiettivo era stato raggiunto con l’immunoterapia (ai cui scopritori è stato assegnato un Nobel precedente), ma molto restava da fare, perché non tutti i pazienti rispondono agli approcci attuali, e perché l’ideale sarebbe stato proprio una sorta di vaccino. 

Come nel caso delle infezioni, anche per i tumori si pensava e si pensa ancora che, somministrando diverse proteine specifiche del tumore, non presenti nelle cellule sane (o, per meglio dire, gli mRNA che codificano per esse), sia possibile suscitare una risposta immunitaria non solo più efficace e potente, ma anche personalizzata, e su questa strada si sta andando avanti. Oggi sono in corso diverse sperimentazioni cliniche, per esempio sui tumori del pancreas, su quelli associati all’infezione da virus di Epstein-Barr, sui tumori della cervice uterina e su molti altri tipi di cancro. La stessa Moderna è attiva anche in questo ambito, come pure la BionTech.

MALATTIE DEL SISTEMA IMMUNITARIO - Negli ultimi decenni l’identificazione, da parte dei ricercatori, delle malattie di origine autoimmune (cioè delle patologie provocate dal sistema immunitario, che per errore attacca i tessuti sani dell’organismo) è cresciuta vertiginosamente, perché si è capito quali autoanticorpi sono all’origine di patologie un tempo misteriose. Non stupisce, quindi, che una parte di chi lavora con l’mRNA stia pensando a come sfruttarlo proprio in questo ambito: laddove c’è una dis-regolazione della risposta immunitaria, ci sono anche numerosi mediatori chimici, cioè molecole (come le citochine) prodotte dal sistema difensivo dell’organismo, che innescano la produzione di autoanticorpi "sbagliati", e che potrebbero essere a loro volta bersaglio di proteine inibitorie o comunque capaci di rimodulare ciò che non funziona a dovere.

ALTRE PATOLOGIE - Tra gli studi più promettenti vi sono poi quelli sulla fibrosi cistica, quelli sulla sclerosi multipla e su altre patologie come quelle genetiche rare o quelle respiratorie, tra le quali l’asma.

AMBITI DIVERSI - Ci sono poi settori di pertinenza non strettamente farmacologica, ma che potrebbero comunque alimentare business miliardari, e aiutare non poche persone. Si pensi, per esempio, all’intolleranza al lattosio, che si stima interessi circa il 68% della popolazione mondiale e che colpisce milioni di persone soprattutto di ascendenza asiatica, per mancanza dell’enzima lattasi. L’mRNA potrebbe fornire loro l’enzima, consentendo di consumare più tranquillamente il latte e i derivati con lattosio.

Un altro ambito potrebbe essere quello del colesterolo, che in alcune persone più a rischio di patologie cardiovascolari rispetto alla popolazione generale, è elevato fin dall’età giovanile. Nella maggior parte dei casi, in costoro ci sono alti livelli di una proteina chiamata PCSK9, contro la quale si stanno cercando farmaci specifici. Uno di essi potrebbe essere proprio un mRNA: nei modelli animali, alcuni di quelli in studio hanno abbattuto PCSK9 del 95%.

I PROBLEMI - Restano comunque diversi aspetti da ottimizzare, il primo dei quali è la definizione della durata della memoria immunitaria indotta dai vaccini, visto che al momento ci sono informazioni relative solo a due anni. Per ora è stato necessario somministrare richiami dei vaccini anti-Covid dopo meno di un anno, e questo può allontanare le persone dalla vaccinazione, a causa dei disturbi - passeggeri ma sgradevoli - associati al vaccino, e creare difficoltà logistiche di non poco conto: si cerca quindi di ottenere vaccini la cui efficacia sia più duratura. 

Vanno poi considerati gli effetti collaterali gravi, come lo shock anafilattico (mai mortale, però, perché la vaccinazione avviene sempre in luoghi preparati a tale evenienza), che secondo alcune stime sarebbero 4,7 per milione con il vaccino di Pfizer e 2,5 per milione con quello di Moderna: valori bassi, ma che sono più elevati rispetto ad altri vaccini classici (anche di 10 volte, secondo i Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta), e vanno dunque ridotti, se possibile.

Si tratta comunque di limiti tecnici che, vista anche l’enorme quantità di investimenti arrivati nel settore, quasi certamente - secondo i ricercatori - saranno superati in tempi brevi. La medicina del futuro, è certo, sarà anche fatta di mRNA.
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Nella foto in alto, dell’agenzia iStock, un ribosoma (organulo cellulare) sintetizza una proteina sulla base delle informazioni contenute nell’mRNA

 

Data ultimo aggiornamento 29 ottobre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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