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Tra le cause dell’Alzheimer potrebbe esserci anche l’infezione da herpesvirus labiale

Il rischio di sviluppare una demenza di Alzheimer sembra aumentare in misura significativa per coloro che sono infettati da uno dei virus più comuni, l’herpesvirus di tipo 1 (HSV1), labiale, che si manifesta con eruzioni attorno alle labbra, più probabili in situazioni quali un forte stress, un’esposizione eccessiva al sole e così via.

L’ipotesi di un’origine virale della demenza è in studio da diversi anni, anche se deve fare i conti con diversi ostacoli e difficoltà. Nel caso dell’HSV1, per esempio, il virus è presente nell’80% della popolazione, ed è quindi molto complicato stabilire il suo ruolo specifico in una malattia come l’Alzheimer. Tuttavia, gli indizi stanni aumentando, come si vede anche da uno studio appena pubblicato sul Journal of Alzheimer Disease. In esso, infatti, sono stati analizzati mille settantenni svedesi seguiti per 15 anni. Tra costoro, chi aveva avuto un’infezione da HSV1 aveva anche un rischio doppio di sviluppare la demenza di Alzheimer rispetto a chi non era mai stato infettato. La stessa associazione non era invece visibile in chi aveva avuto un’infezione da citomegalovirus, un altro virus diffusissimo della famiglia degli herpes.

Al momento sono in corso alcuni studi per verificare se, chi ha avuto l’HSV1 ed è stato curato con antivirali (nello studio svedese il 6% degli infettati), abbia avuto o meno un effetto protettivo.

Dal punto di vista teorico, invece, il motivo del legame sarebbe da ricercare nel fatto che HSV1 si localizza nei nervi del cranio, e lì risiede anche per tutta la vita, generando periodiche riacutizzazioni e infiammazioni. Sarebbero proprio queste infiammazioni a innescare la neurodegenerazione che porta alla demenza.

Se l’ipotesi fosse confermata, prevenire l’Alzheimer, almeno in coloro che sono stati infettati da HSV1, sarebbe probabilmente possibile, con antivirali e, in futuro, con vaccini. Inoltre, una situazione simile potrebbe determinarsi anche per altre infezioni che si localizzano nel cranio, tra le quali quella da Sars-CoV 2. Per il Covid 19, fino dai primi mesi è stato segnalato un possibile nesso con l’Alzheimer e con altre malattie neurodegenerative, e la sequenza di eventi potrebbe essere relativamente analoga a quella ipotizzata per HSV1. Gli studi proseguono. 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 8 marzo 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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