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Stop alle punture lombari contro il mal
di schiena cronico: non servono a niente

Le punture lombari non hanno alcun tipo di effetto sul mal di schiena cronico non provocato da un tumore o da una malattia autoimmune reumatica, e andrebbero evitate. Di più: per qualcuno, sarebbero da vietare, perché oltre a non curare il dolore, sono costose e non esenti da rischi, e continuare a proporle ai pazienti non è più eticamente accettabile.

E’ una stroncatura assoluta, quella che arriva dalle pagine del British Medical Journal in merito a una delle pratiche più diffuse e controverse degli ultimi decenni: quella di intervenire con iniezioni di vario tipo e con varie finalità direttamente nelle vertebre, per cercare di contrastare un mal di schiena che si protragga da almeno tre mesi.

Nel lavoro, firmato da una decina di esperti internazionali, sono state analizzate le ricerche degli ultimi anni relative a 13 diverse pratiche che prevedono iniezioni lombari, alle quali sono state attribuite diverse gradazioni di efficacia e attendibilità in base alla forza dei numeri presenti. Il risultato è stato più che fallimentare: non esiste alcun tipo di prova che giustifichi questo genere di “terapia” né praticata singolarmente né proposta in combinazione con altre, e né focalizzata sulla parte più interna delle vertebre, e quindi assiale, né su quella esterna, periferica, e quindi radicolare. Cortisonici, anestetici, epidurali, e poi ablazioni dei nervi con  la radiofrequenza, con e senza steroidi o anestetici: niente di tutto ciò funziona, e dunque nulla di simile andrebbe più proposto come cura. Oltretutto, con le ablazioni si rischiano danni permanenti, oltreché infezioni. Resta la fisioterapia o comunque un’attività fisica mirata, che aiuti a contrastare le infiammazioni mantenendo le ossa, le cartilagini e i tendini flessibili e resistenti, insieme a un corretto stile di vita. In attesa che si metta a punto una cura vera per una condizione che affligge moltissime persone, secondo alcuni tutti, almeno una volta nella vita.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 25 febbraio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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