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"Stimolante" più anticorpo monoclonale: così si potenzia l’effetto anti-melanoma

L’aggiunta di uno specifico stimolante del sistema immunitario, chiamato sargramostim, all’anticorpo monoclonale ipilimumab, usato contro il melanoma, migliora il tasso di sopravvivenza dei pazienti con malattia avanzata, confermando indirettamente le potenzialità di un’azione antitumorale incentrata sul sistema immunitario.

L’ipilimumab è il primo anticorpo specificamente approvato contro il melanoma; il suo ruolo è bloccare una proteina chiamata CTLA-4, che agisce da freno della risposta immune alle cellule neoplastiche, e permettere così alle normali difese di agire contro di esse.

Gli oncologi del Dana Farber Cancer Center di Boston (Usa) hanno quindi voluto verificare, su quasi 250 malati, l’effetto di uno stimolante sulla risposta del sistema immunitario. Hanno così scoperto che la sopravvivenza dei pazienti, dopo un anno, è passata dal 52,9 al 68,9%.

Non è cambiato, invece, il tempo della progressione, e cioè del tempo impiegato in media dalla malattia per dare segni di nuova crescita, pari a 3,1 mesi. Secondo gli studiosi, questo potrebbe essere dovuto al fatto che i due farmaci generano uno stato di infiammazione che favorisce la crescita e che, se così fosse, si potrebbe facilmente contrastare tale effetto. In ogni caso, l’abbinamento dei due medicinali tende ad allungare, come dicevamo, la sopravvivenza.

Prima di poter tratte conclusioni definitive comunque – ricordano gli autori sul Journal of American Medical Association (JAMA) - dovranno essere condotte sperimentazioni cliniche su campioni più ampi di malati.

 


Data ultimo aggiornamento 11 novembre 2014
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: melanoma



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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