Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

Sotto le macchie di Jackson Pollock ci sono decine di figure: i segni del suo bipolarismo

Jackson Pollock, il famosissimo pittore americano, era bipolare. Anche se, quando era in vita, aveva ricevuto una quantità di diagnosi diverse tra le quali l’intossicazione alcolica e la condizione schizoide, in realtà rispondeva pienamente a ciò che oggi viene chiamato bipolarismo, una condizione nella quale si alternano stati di profonda depressione ad altri di esaltazione maniacale, e che spesso è associata a genialità e talento artistico. E probabilmente anche per questo nei suoi dipinti nascondeva disegni specifici, sotto le celeberrime macchie di colore, che erano frutto delle sue allucinazioni e delle rappresentazioni mentali. E, forse, inconsciamente risentivano delle macchie di Rorschach (le figure a inchiostro speculari, utilizzate in psichiatria) cui era stato esposto numerose volte durante i trattamenti psichiatrici. Secondo Stephen M. Stahl, docente di psichiatria dell’Università della California di San Diego Riverside, che alla questione dei disegni nascosti ha dedicato uno studio pubblicato su CNS Spectrum, non ci sono dubbi sul fatto che le figure di scimmie, clown, elefanti, facce umane e molto altro che negli decenni tante persone hanno pensato di intuire sotto le chiazze di colore esistono per davvero, e sono state dipinte intenzionalmente. E oggi forniscono una rappresentazione straordinariamente vivida e interessante di ciò che una persona bipolare vede nella sua immaginazione. Tra l’altro, Pollock non dipingeva né quando era in una crisi maniacale, né quando era ubriaco (ebbe sempre problemi di alcolismo). Secondo Stahl, poiché le figure sono sempre state viste, non si può parlare di coincidenze: sono state intenzionali, oppure dipinte inconsciamente, ma sono effettivamente presenti sotto il caos apparente delle macchie di pittura, e sono parte integrante del messaggio che l’artista voleva trasmettere. Di più: sono una raffigurazione del suo genio e, insieme, della sua malattia, e possono aiutare gli psichiatri a comprendere meglio che cosa accade nella mente di una persona bipolare.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 7 febbraio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA