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Sostenibile, autoprodotta e completa: ecco pronta l’insalata per viaggiatori spaziali

Che cosa dovrebbero produrre e poi mangiare i viaggiatori dello spazio per restare in salute ed essere sostenibili? La domanda è di fondamentale importanza, se si pensa a tutti i progetti attualmente in corso che prevedono la permanenza di esseri umani in veicoli spaziali per periodi più o meno lunghi. Non a caso, da decenni i centri di ricerca dedicati hanno anche sezioni che si occupano di nutrizione e di coltivazione di vegetali freschi in assenza di gravità o in microgravità, perché l’organismo umano non può sopravvivere troppo a lungo e restare in salute senza di essi. Ora uno studio pubblicato su ACS Food Science & Technology dai ricercatori dell’Università di Adelaide, in Australia, fa un passo avanti unendo i due aspetti, e individuando così il piatto ideale: un’insalata fresca composita, realizzata con piante interamente coltivate nello spazio con un impiego di risorse minimo. La specifica ricetta è emersa dall’analisi di 36 nutrienti e 102 piante commestibili, assortiti inizialmente in dieci possibili piatti, quattro dei quali per astronauti vegetariani, sei per onnivori.

Dopo un’attenta valutazione del profilo nutrizionale e delle risorse quali acqua e luce necessarie per far crescere le piante, dell’utilizzo di fertilizzanti e di quelli delle parti non consumate, dei tempi di crescita e della possibilità di riciclare i materiali non edibili, il risultato è stato appunto un’insalata composta da patate dolci, orzo, cavolo, semi di soia, semi di papavero, arachidi e semi di girasole, che forniscono quasi tutto ciò di cui un astronauta uomo può avere bisogno. Inoltre, le piante necessarie possono essere coltivate in modo estremamente efficiente. In caso di necessità, potrebbe essere utile una supplementazione con elementi specifici quali il calcio, di cui c’è bisogno per preservare le ossa, ma il piatto è stato considerato più che sufficiente, dal punto di vista nutrizionale. Per verificarne l’appetibilità, poi, è stato fatto assaggiare a quattro volontari, che hanno giudicato l’insalata molto gustosa, e adatta a essere mangiata spesso.

Gli autori ora stanno mettendo a punto la stessa ricetta per le donne, che hanno esigenze nutrizionali in parte diverse dagli uomini, di cui è necessario tenere conto e, in futuro, contano di arricchire il ricettario con nuove, appetitose proposte.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 15 gennaio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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