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SLA: partito lo studio italiano per verificare
l’efficacia del trapianto di microbiota

Il trapianto di microbiota fecale (FMT), “terapia” già approvata per curare le infezioni da Clostridium difficile e in studio per molte altre patologie, grazie alla sua capacità di riequilibrare il microbiota intestinale, potrebbe essere utile anche nella sclerosi laterale amiotrofica o SLA.

Se sia davvero così lo si capirà grazie a uno dei primi studi mai effettuati sul tema, avviato su una quarantina di malati dai medici del Policlinico Gemelli di Roma, e i cui presupposti, e primissimi risultati, sono stati presentati allo European Congress of Clinical Microbiology & Infectious Diseases (ECCMID) svoltosi a Copenaghen, in Danimarca. In particolare, si vuole capire se l’MFT possa agire sulla parte di sistema immunitario generata nell’intestino, potenziando la sintesi di linfociti T cosiddetti regolatori (Treg) che, a loro volta, riescono a tenere sotto controllo l’infiammazione che porta alla distruzione dei neuroni motori. Nel trial, 42 persone con una diagnosi di SLA risalente a non più di 18 mesi prima saranno sottoposti a un FMT (28 pazienti) oppure a un placebo (14 pazienti) al momento zero e dopo sei mesi, tramite infusione. Contemporaneamente, saranno prelevati a tutti campioni di feci, saliva e sangue per verificare gli eventuali cambiamenti nel microbiota, nei marcatori dell’infiammazione e nello stato del sistema immunitario, e tutti saranno sottopposti anche a tre colonscopie, per controllare le condizioni del tessuto intestinale attraverso una biopsia.

Il primo dato emerso, per ora, è che la procedura è del tutto innocua, e priva di effetti collaterali. In sei pazienti, poi, sono state trovate elevate concentrazioni (il 15% in media) di batteri della famiglia delle Proteobatteri, noti per essere forti induttori di infiammazione: uno dei primi controlli riguarderà quindi l’andamento di questi batteri nei pazienti sottoposti a FMT. Si pensa che i risultati finali saranno disponibili entro il 2024.

In precedenza, lo stesso gruppo aveva identificato, in un paziente di 69 anni, un batterio rarissimo, isolato nel 2013 in Corea del Sud, chiamato Rummeliibacillus suwonensis e mai descritto nell’uomo e, tantomeno, nei malati di SLA. Da anni, infatti, i ricercatori del Gemelli stanno isolando ceppi batterici difficilmente coltivabili, al punto che hanno già una collezione (‘ceppoteca’) di circa 400 diverse specie batteriche. La speranza è quella di caratterizzare il maggior numero possibile di esse, per poterne studiare il ruolo in patologie quali la SLA, così come gli effetti di una loro modulazione attraverso FMT o altri approcci terapeutici.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 26 aprile 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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