ZURANOLONE
“Sì” accelerato anche per la pillola
anti-depressione post partum

di Agnese Codignola
I mass media di tutto il mondo hanno dato grande rilievo all’annuncio, da parte delle aziende Sage Therapeutics e Biogen, del via libera quasi definitivo alla prima pillola contro la depressione post partum, arrivato nei giorni scorsi da parte della Food and Drug Administration statunitense (l’agenzia governativa che si occupa della regolamentazione dei farmaci negli USA). Lo zuranolone – questo il nome del principio attivo – derivato sintetico di un ormone naturale, l’allo-pregnanolone, che va assunto per soli 15 giorni, dovrebbe arrivare in commercio negli Stati Uniti entro la fine dell’anno, appena saranno completate tutte le procedure necessarie e, con ogni probabilità, potrebbe giungere presto anche in Europa.
La notizia è rievante: la depressione post partum, che colpisce un numero di donne che va da circa una su otto a una su venti (a seconda delle stime), è infatti una condizione grave, che compromette seriamente non solo la qualità di vita della madre, ma anche la sua capacità di prendersi cura del neonato, fino ad arrivare a casi estremi (per fortuna rarissimi) nei quali essa è all’origine di eventi tragici. Per contrastarla, fino a poco tempo fa le armi erano veramente pochissime, e le diagnosi assai difficoltose. Poi, quattro anni fa, la malattia aveva trovato un primo ostacolo farmacologico in un farmaco approvato nel 2019, della stessa Sage Therapeutics (senza Biogen, in quel caso), non molto diverso da quello attuale, chiamato brexanolone, che però aveva (e ha) diversi limiti, a cominciare dal fatto che deve essere somministrato attraverso un’infusione endovenosa che dura 60 ore, con un ricovero protetto e un’attenta sorveglianza, perché gli effetti sul sistema nervoso possono essere molto pesanti. Tra di essi figurano infatti la perdita di coscienza, la sonnolenza (provata da una donna su quattro) fino alla sedazione (che colpisce circa una paziente su dieci) e, in alcuni casi, eventi più gravi che, se non affrontati tempestivamente, possono rivelarsi mortali. Per tale motivo solo pochi centri lo propongono, negli Stati Uniti come in Europa, e l’utilizzo è assai limitato.
È quindi evidente che una molecola da assumere per via orale, a casa, potrebbe fare la differenza, e rendere la terapia molto più diffusa, e il contrasto alla depressione post partum più efficace. Esistono tuttavia diversi aspetti non del tutto chiari o non del tutto positivi da tenere in considerazione. Innanzitutto, per quanto riguarda il meccanismo d’azione. Lo zuranolone, come pure il brexanolone, non è infatti diretto verso il sistema del neurotrasmettitore classico serotonina (una molecola con un ruolo chiave nella regolazione del tono dell’umore), ma verso un altro neurotrasmettitore, chiamato GABA (da acido gamma-amino-butirrico); in particolare, entrambi i farmaci sono, per usare un termine tecnico, modulatori del recettore di tipo A. L’effetto sul tono dell’umore dovrebbe quindi essere mediato da questa azione. Ma forse non solo: potrebbe essere più complesso. Lo zuranolone ha infatti una struttura simil-ormonale, che ricorda un metabolita del progesterone (ormone sessuale femminile) chiamato allopregnanolone, rilasciato in concentrazioni molto alte dopo il parto. Oltre all’azione sul sistema sul GABA-A, potrebbe quindi essercene una di tipo ormonale (per tale motivo queste sostanze sono chiamate anche neuro-steroidi, e il loro ruolo è oggetto di numerosi studi, come riassunto in una review uscita alla fine di giugno su Nature).
L’effetto insorge rapidissimamente, alla seconda o terza somministrazione, ma altrettanto rapidamente scompare. Ciò è sicuramente positivo per curare in tempi rapidi una condizione per la quale non ci si può affidare agli antidepressivi classici, che mediamente impiegano almeno tre settimane per iniziare a mostrare i primi effetti. Tuttavia, non è ben chiaro perché la molecola si comporti in questo modo.
Il farmaco, inoltre, è stato approvato, nonostante lo studio più grande pubblicato sul Journal of Clinical Psychiatry, che ha coinvolto oltre 580 donne, trattate con la molecola o un placebo, si concluda con la frase: non sono stati raggiunti gli obbiettivi primari, cioè quelli di una modifica statisticamente significativa di una scala che misura la depressione chiamata Hamilton Depression Rating Scale total score (HDRS-17), dopo un’assunzione di 15 giorni.
I cambiamenti del tono dell’umore, infatti, sono visibili ai giorni 3, 8 e 12, ma non raggiungono mai la solidità statistica necessaria per essere considerati validi, e tendono poi a scomparire. Se si effettua un’analisi più approfondita, e si seleziona solo le donne che assumono le dosi più alte (30 mg), hanno i sintomi più gravi, e comunque hanno quantità di farmaco misurabili nel sangue, gli effetti sembrano esserci, nei giorni 3, 8 e 12, ed è grazie a questa sottoanalisi che è stato possibile autorizzare la terapia.
L’efficacia si paga poi a caro prezzo: lo zuranolone può provocare diversi effetti collaterali tra i quali nausea, cefalea, tremori, diarrea, sedazione, affaticamento grave (la cosiddetta fatigue, l’effetto più diffuso, presente in più del 5% delle donne che lo assumono) e pensieri suicidari. Inoltre, è sconsigliato guidare o utilizzare macchinari pericolosi quando si è in terapia.
C’è poi l’aspetto relativo all’allattamento, perché è sconsigliato anche allattare, mentre si assume il farmaco. Le analisi hanno mostrato che la concentrazione di farmaco che passa nel latte è davvero minima, ma per precauzione, dal momento che non ci sono dati sui neonati, si preferisce chiedere alla madre di raccogliere quanto più latte possibile prima dell’inizio della cura, conservarlo e usare quello, alternato, se necessario, a quello artificiale, per poi riprendere l’allattamento al seno alla fine di 15 giorni di terapia, da preferire sempre e comunque a quello con il latte artificiale, a meno che i medici non lo sconsiglino esplicitamente.
Lo zuranolone è quindi una molecola che rappresenta un indubbio passo in avanti, anche perché dimostra, indirettamente, che la depressione post partum non solo esiste, ma ha cause fisiologiche, chimiche, che è possibile contrastare. Tuttavia, ne vanno tenuti presenti i limiti, e si deve sempre fare una valutazione dei possibili rischi e dei benefici che è razionale attendersi, in base alla situazione della madre.
Inoltre, va anche tenuto presente che la Biogen è stata al centro, negli ultimi anni, di diversi casi che hanno suscitato perplessità, quando non polemiche talvolta molto aspre. È riuscita infatti a far approvare due anticorpi monoclonaliGli anticorpi monoclonali sono anticorpi del tutto simili a quelli che il sistema immunitario produce contro i “nemici” (batteri, virus e altro ancora), ma non sono presenti in modo naturale nel nostro organismo. Vengono creati in laboratorio, grazie a tecniche di ingegneria genetica, e sono mirati contro un preciso bersaglio della malattia, identificato dai ricercatori: per esempio, nel caso del Covid, contro la proteina Spike, utilizzata dal coronavirus per entrare nelle cellule e infettarle. Una volta prodotti, vengono fatti moltiplicare in laboratorio, identici, in un numero grandissimo di copie, o di cloni (per questo vengono chiamati monoclonali), e poi immessi nell’organismo del paziente, in genere tramite infusione (endovena). (aducanumab e lacanemab) contro l’Alzheimer nonostante comportino gravi rischi (nelle sperimentazioni ci sono stati alcuni decessi), e la loro efficacia, secondo molti esperti, sia tutt’altro che dimostrata, e anche un farmaco contro la sclerosi laterale amiotrofica (il tofersen), anch’esso molto discusso, per motivi analoghi. In tutti questi casi l’azienda ha fatto ricorso a parametri secondari, a rivalutazioni di dati che, a una prima lettura, non avevano raggiunto numeri statisticamente solidi, e ha posto da subito questi farmaci a prezzi altissimi. È bene quindi tenere a mente anche questi aspetti, oltre agli effetti collaterali, e parlarne con il medico che eventualmente proponga la cura, mantenendo uno sguardo il più possibile obbiettivo sull’efficacia. Del resto, nel caso dello zuranolone, la FDA ha negato l’indicazione per la depressione normale, non associata al parto, proprio perché gli effetti scompaiono dopo pochi giorni, senza che ci siano ancora spiegazioni complete del fenomeno.
Data ultimo aggiornamento 10 agosto 2023
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