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Se le gambe diventano blu all’improvviso
la colpa potrebbe essere del Long Covid

Tra le numerose ed eterogenee manifestazioni del Long Covid ce n’è anche una che, finora, non era ancora rientrata nelle liste degli oltre 200 sintomi più diffusi: l’acrocianosi, o sindrome delle gambe blu. A segnalarla, e includerla nell’ambito delle disfunzioni del sistema nervoso autonomo tipiche della sindrome post virale da Sars-CoV2, sono ora i ricercatori dell’Università di Leeds, in Gran Bretagna, che su Lancet raccontano (e documentano con foto) la storia di un uomo di 33 le cui estremità inferiori, pochi minuti dopo che il paziente si trovava in piedi, diventavano prima rosse, e poi blu. L’uomo soffriva anche di un’altra delle eredità sgradite del Covid, la cosiddetta sindrome da tachicardia ortostatica posturale o POTS, a causa della quale si ha un’accelerazione del battito cardiaco ogni qualvolta ci si trova in piedi a causa di una reazione autoimmune rivolta contro alcuni elementi del sistema nervoso autonomi e dei vasi.

Per quanto riguarda l’acrocianosi, non ci si deve preoccupare: nonostante le apparenze, si tratta di una condizione che riguarda la circolazione periferica, che può provocare dolore e prurito, ma che passa entro pochi minuti, non appena ci si mette seduti e si sollevano le gambe. Inoltre, non è una novità assoluta: è già nota come conseguenza di alcune infezioni nei bambini, e come sintomo associato a due condizioni che condividono moltissimo con il Long Covid, la fibromialgia e la sindrome da affaticamento cronico o encefalomielite mialgica, altrettanto misteriose, ma secondo alcuni anch’esse manifestazioni di sindromi post virali.

Secondo gli autori, comunque, i medici la conoscono poco, e i pazienti ancora meno: è quindi importante che la consapevolezza aumenti, per evitare timori infondati, esami inutili e per cercare invece di affrontarla per quello che è, e cioè un’insufficienza venosa provocata da anomalie del sistema nervoso periferico molto probabilmente di origine autoimmune.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 31 agosto 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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