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Sconfiggere il tumore facendo invecchiare le cellule

E’ degli ultimi anni la scoperta che anche la cellula tumorale possa invecchiare, perdendo la capacità di replicarsi e dunque di essere dannosa. Si aprono così nuovi orizzonti di cura per alcuni tipi di carcinoma. Il Dott. Andrea Alimonti, direttore del laboratorio di oncologia molecolare dell’Istituto oncologico della Svizzera Italiana, è venuto ad Assedio Bianco a descriverci tale approccio terapeutico conosciuto con il nome di “terapia prosenescente”. Ecco la trascrizione della videointervista.

’“Alcuni anni fa abbiamo scoperto che la cellula tumorale – che, per definizione, è considerata una cellula immortale – poteva,invece, invecchiare e che, sorprendentemente, alcuni tipi di terapie potevano far sì che queste cellule tumorali andassero incontro ad un invecchiamento prematuro.

Che cosa succede quando una cellula invecchia?
Accade che tale cellula non può più replicarsi. Ciò che abbiamo dimostrato è che anche una cellula tumorale invecchiata non poteva più replicarsi, ovvero non poteva più proliferare.
Da questa osservazione, è venuta l’idea che potevamo utilizzare alcuni composti per aumentare questo processo di invecchiamento nella cellula tumorale.

I primi studi sono stati fatti nel tumore della prostata ed il nome che abbiamo dato a questo approccio è terapia prosenescente, in inglese prosenescence therapy for cancer.

Il secondo filone della ricerca in laboratorio si è basato su come il sistema immunitario possa essere attivato affinché queste cellule senescenti vengano rimosse a livello del tumore.
Purtroppo, ci siamo accorti che esiste un tipo particolare di cellula del sistema immunitario, la cellula mieloide, che sì, infiltra il tumore ma che, invece di comportarsi in modo positivo - cioè rimuovere la cellula senescente - mantiene immortale il tumore stesso, ovvero la cellula tumorale stessa.
L’aspetto positivo della brutta/spiacevole notizia è che – come abbiamo dimostrato nello studio pubblicato recentemente su Nature – terapie, già a disposizione in clinica, riescono a bloccare il reclutamento di queste cellule mieloidi “cattive” a livello tumorale; in questo modo le cellule “buone” immunitarie possono fare il loro lavoro senza essere disturbate dalle cellule mieloidi “cattive”.

Il futuro. Fino ad alcuni anni fa, questo concetto della prosenescence therapy era una specie di utopia: le industrie farmaceutiche ancora non seguivano bene il filone di queste terapie che potevano far invecchiare le cellule.  In un futuro – anche abbastanza prossimo – vedremo, invece, delle prime terapie prosenescenti che entreranno, di fatto, nella clinica.
Questo tipo di approccio terapeutico dovrebbe funzionare per la maggior parte dei tumori: non solamente nel tumore della prostata (su cui è stato studiato ndr), ma anche nel tumore della mammella, nel tumore della cervice uterina...”

A.B.
Data ultimo aggiornamento 5 maggio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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