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Ropinirolo, dimetilfumarato e H-151:
tre nuove-vecchie molecole contro la SLA

Ci sono tre farmaci che sembrano in grado di rallentare la progressione della sclerosi laterale amiotrofica o SLA, e due di essi sono già approvati, in un caso per il morbo di Parkinson, nell’altro per la sclerosi multipla. Il riposizionamento delle molecole (come si dice in termine tecnico) è emerso nell’ambito di due studi molto diversi, usciti negli stessi giorni, che autorizzano comunque a sperare che lo scarno armamentario a disposizione dei medici contro la SLA possa essere presto ampliato.

Il primo è uno studio clinico pubblicato sulla rivista scientifica Cell Stem Cell dai neurologi dell’università di Tokyo, in Giappone, che ha avuto come oggetto un farmaco anti-Parkinson chiamato ropinirolo, sperimentato su 20 pazienti con una forma non ereditaria della SLA, che non rispondevano ai trattamenti previsti. Inizialmente, per 24 settimane, metà sono stati trattati con il farmaco, metà con un placebo, senza che nessuno, né medici né pazienti, sapessero a quale gruppo erano stati destinati. Poi, nelle 24 settimane successive, è stata data la possibilità a tutti di accedere al ropinirolo. Purtroppo, a quel punto è arrivata la pandemia di Covid, e ciò ha costretto molti pazienti ad abbandonare lo studio, al punto che alla fine solo per sette tra i trattati e uno tra i controlli erano disponibili dati completi, ma i risultati, per quanto esigui, hanno mostrato un chiaro effetto positivo su tutti i parametri legati al mantenimento della funzionalità muscolare (per esempio, sulla capacità di mangiare o bere, di camminare e così via), senza tossicità particolari. Inoltre, indagini molecolari hanno mostrato che il farmaco inibisce l’espressione di numerosi geni associati alla produzione di colesterolo, normalmente iperattivi nella SLA. Naturalmente si tratta di numeri esigui, ma secondo gli autori ci sono le premesse per approfondire su più pazienti. 

Il secondo studio, pubblicato su FASEB Journal dai ricercatori dell’Università della California di Los Angeles, ha invece verificato due molecole utilizzate per la sclerosi multipla, il dimetil-fumarato e l’H-151, ancora sperimentale ma molto attivo sulle patologie autoimmuni (a quanto sembra), su cellule immunitarie di pazienti, trovando, anche in questo caso, che le due molecole inibiscono alcuni geni coinvolti nella SLA. Anche in questo caso, ciò significa che ci sono le premesse per approfondire, perché se si trovassero conferme sufficienti, le nuove (vecchie) terapie sarebbero già a disposizione dei malati.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 20 luglio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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