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La genetica lo dimostra: Sars-CoV 2 era presente in Laos anni prima della pandemia

Le analisi genetiche lo confermano: Sars-CoV 2 non può essere arrivato dalla Cina. Molto più probabilmente, è giunto a Wuhan da pipistrelli a ferro di cavallo del Laos, dove circa un decennio prima ha subito via via mutazioni che lo hanno reso capace di fare il salto di specie e infettare inizialmente alcuni abitanti di quel paese. Del resto, i coronavirus sono presenti in questi pipistrelli da millenni.

Ribalta le interpretazioni date finora lo studio pubblicato dai ricercatori dell’Università della California di San Diego su Cell, spostando di 2.700 chilometri la zona di provenienza dell’agente responsabile della pandemia di Covid 19. Se questo è vero, se cioè il primo salto di specie è avvenuto in Laos molti anni prima del 2019. Inoltre, non ci sarebbe stato abbastanza tempo perché il virus arrivasse in Cina tramite i pipistrelli, che hanno un’areale di movimento di pochi chilometri. Molto più probabilmente vi è giunto attraverso il commercio di carni infette.

La prova si trova nei geni: analizzando attentamente le sequenze dei coronavirus responsabili della prima epidemia, del 2002-2004, e poi della pandemia del 2020, e studiando la storia evolutiva di questi virus, è emerso l’ampio numero di mutazioni sviluppatesi rispetto ai progenitori, e poiché questi fenomeni richiedono un certo tempo, e hanno andamenti noti (statisticamente) dal punto di vista evoluzionistico, è stato possibile dimostrare, con buoni margini di certezza, che tutto è iniziato molto prima della scoperta dei primi casi a Wuhan. 

In che modo sia stato possibile il contagio degli animali-serbatoio come i cani procione o le civette delle palme fortemenyte sospettate durante la prima epidemia lo suggerisce poi indirettamente un altro studio, pubblicato pochi giorni dopo sul Journal of Environmental Management dai ricercatori dell’Institute for Zoo and Wildlife Research di Leibniz, in Germania. Studiando 32 pipistrelli presenti in Germania (chiamati di Leisler) con dati delle immagini satellitari e localizzazioni del Gps, gli autori hanno dimostrato che, venendo meno i loro habitat naturali, come i boschi con le querce, ricche di  cavità, sostituite da alberi lisci usati nella silvicoltura, questi mammiferi nidificano sempre più spesso nei vecchi alberi delle aree urbane o in luoghi come i campanili delle chiese, nei parchi e lungo i sentieri, dive trovano altre cavità. Ciò significa che la silvicoltura andrebbe programmata diversamente, e che le aree urbane in cui è segnalata la presenza di pipistrelli dovrebbero essere anche protette. E’ l’uomo a spingere i pippistrelli, fondametali per gli ecosistemi, a contatti ravvicinati. Salvo poi pagarne le conseguenze, in termini di spillover.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 18 giugno 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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