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Psoriasi cronica, nuove speranze da un farmaco orale

 

Chi soffre di psoriasi cronica potrebbe presto avere a disposizione un nuovo farmaco ad uso orale, il ponesimod, che in una sperimentazione clinica condotta su oltre 300 pazienti ha dimostrato di essere ben tollerato, sicuro ed efficace. Ne hanno dato conto i ricercatori di un team internazionale, che in un articolo pubblicato su The Lancet hanno raccontato di aver suddiviso i partecipanti in tre gruppi e di aver somministrato al primo una dose più alta del farmaco (40 milligrammi al giorno), al secondo una dose più bassa (20 mg) e al terzo un placebo. L’obiettivo primario era valutare in quanti pazienti, dopo 4 mesi di trattamento, fosse possibile riscontrare una riduzione del 75% del PASI (Psoriasis Area and Severity Index), parametro utilizzato per valutare l’estensione delle lesioni associate alla psoriasi.

Ne è emerso che nel 48% dei pazienti trattati con la dose più elevata, nel 46% di quelli trattati con 20 mg e nel 9% di coloro che avevano assunto il placebo il PASI era diminuito del 75%. Non solo, la successiva fase di mantenimento ha permesso ai pazienti di continuare ad avere a che fare con significativi benefici. Tra gli effetti collaterali sono stati invece osservati tremori, difficoltà respiratorie e adumento degli enzimi del fegato.

Questo farmaco, che inibisce il recettore della sfingosina 1-fosfato - molecola già bersaglio di altre terapie per malattie autoimmuni, come il fingolimod utilizzato in caso di sclerosi multipla - sembra dunque attivo e sufficientemente sicuro. Per esserne sicuri sarà però necessario attendere i risultati delle ultime fasi delle sperimentazioni, da condurre su un numero di pazienti più elevato.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 4 giugno 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: farmaci, psoriasi, terapia



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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