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Un derivato dell’LSD potrebbe diventare
un innovativo farmaco per la schizofrenia

Un derivato dell’LSD, la sostanza psichedelica per eccellenza, che differisce di pochissimo dalla molecola originale, potrebbe diventare un nuovo farmaco contro la schizofrenia e le psicosi, indicazione per la quale l’LSD e gli altri psichedelici, al momento, sono esclusi a priori. Lo annunciano i farmacologi dell’Università della California di Davis in uno studio appena pubblicato su PNAS, che potrebbe segnare un punto di svolta.

Da molti anni l’LSD viene escluso come possibile farmaco per la schizofrenia e le psicosi, per il rischio di peggiorare la situazione, dal momento che ha effetti allucinogeni. Chi soffre di schizofrenia o psicosi, infatti, deve contrastare le proprie allucinazioni, non averne di nuove, indotte farmacologicamente. Per questo i ricercatori hanno cercato di modificare la struttura originale dell’LSD per eliminare o comunque ridurre l’effetto allucinogeno, e sono così giunti a una molecola chiamata JRT, dalle iniziali di Jeremy R. Tuck, lo studente che per primo ha ipotizzato la struttura e la reazione in 12 mosse necessaria per sintetizzarla. 

Con solo due atomi diversi rispetto all’LSD, il JRT ha un effetto allucinogeno molto meno spiccato e, in compenso, promuove decisamente la plasticità neuronale, cioè la capacità di formare nuove connessioni, grazie al legame ai recettori della serotonina di tipo 5HT2 (gli stessi cui si lega l’LSD). I dendriti, cioè le parti delle cellule nervose che ricevono gli stimoli, aumentano del 46%, mentre la densità di neuroni della corteccia del 18%. Sperimentato nei modelli animali di schizofrenia e psicosi, ha mostrato di essere molto efficace sui sintomi, senza esacerbare quelli psicotici né aumentare l’espressione dei geni correlati alle psicosi o alla schizofrenia, come invece si vede chiaramente con l’LSD. Inoltre, il JRT ha un effetto antidepressivo molto potente, pari a circa cento volte quello della ketamina, altra sostanza psichedelica, e migliora le performance cognitive, sempre nei modelli animali. Ci sono insomma tutte le premesse per andare avanti nelle sperimentazioni, e verificare se da esso possa nascere una nuova classe di psicofarmaci.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 22 maggio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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