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Perché le malattie autoimmuni colpiscono soprattutto le donne?

E’ ancora in buona parte misteriosa l’origine delle malattie autoimmuni. Sicuramente esiste una predisposizione genetica - spiega ad Assedio Bianco il professor Carlo Selmi, responsabile della Reumatologia e Immunologia clinica all’Istituto Humanitas di Rozzano (Milano) - ma un ruolo importante (più importante, probabilmente, della genetica stessa) va attribuito ai fattori ambientali, esterni a noi. Non sono ancora ben chiariti nemmeno i motivi per cui le malattie autoimmuni colpiscono soprattutto le donne. Ecco la trascrizione completa della videointervista.

«Il motivo per cui si sviluppa una malattia autoimmune - dice Selmi - rimane una delle domande più importanti e più enigmatiche che ci troviamo ad affrontare nella ricerca.
Sicuramente non è una sola la risposta: non abbiamo davanti una malattia con una sola causa – la polmonite con il batterio della polmonite, piuttosto che un singolo gene della mutazione coinvolta nella fibrosi cistica e la fibrosi cistica – ma più probabilmente sono malattie cosiddette complesse, o multifattoriali.
Noi abbiamo sicuramente l’importanza di un background genetico, cioè di una suscettibilità individuale legata alla storia familiare, ovvero ai geni che ereditiamo, ma altrettanto sicuramente abbiamo una componente che – per lo meno, fino a prova contraria – è definita ambientale, cioè tutto quello che può agire sul nostro patrimonio genetico.
Quantitativamente, sembra essere molto più importante il fattore ambientale: questo è ben dimostrato dalla concordanza dei gemelli monozigoti, cioè gemelli geneticamente identici, in cui se uno ha la malattia, solo in meno del 50% dei casi, l’avrà anche l’altro. Quindi la genetica pesa, ma meno del 50%.

Con pochissime eccezioni, le malattie autoimmuni colpiscono, nella stragrande maggioranza dei casi, il sesso femminile. Il rapporto stimato per la maggior parte di queste condizioni è di 9 donne contro 1 uomo, quindi il 90% dei pazienti è di sesso femminile: la sala d’attesa di un immunoreumatologo è sicuramente popolata in gran parte da donne.
Questo,ovviamente, ci porta ad ipotizzare tutta una serie di meccanismi legati al sesso femminile che possono favorire l’insorgenza dell’autoimmunità.
Tra questi, gli ormoni sessuali, in particolare quelli legati alla gravidanza; è interessante notare che quasi tutte le malattie autoimmuni – quasi sempre – vanno meglio durante la gravidanza, poi possono avere, invece, un peggioramento improvviso dopo il parto.
L’altro fattore è legato al cromosoma X. Voi sapete che le donne hanno due cromosomi X, gli uomini hanno un cromosoma X ed uno Y: quello che avviene, affinché le donne non abbiamo un doppio dosaggio dei geni legati al cromosoma X, è che uno dei due è inattivato. In realtà, da ormai una decina d’anni, si è scoperto che questo dogma non è assolutamente vero, ma che esiste un 20% dei geni legati all’X che possono essere espressi su tutti e due i cromosomi nelle donne sane. Inoltre si è scoperto che, andando avanti con l’età, un numero sempre crescente di cellule, soprattutto del sangue periferico, vanno incontro alla perdita di uno dei due cromosomi X, dando quindi quella condizione che si chiama monosomia del cromosoma X.
Tutto questo, ovviamente, può far pensare che dei geni posti sul cromosoma X possano essere responsabili delle malattie autoimmuni.
Un altro meccanismo candidato a spiegare il ruolo degli ormoni sessuali nella prevalenza femminile delle malattie autoimmuni è certamente legato ai meccanismi della menopausa.
Le donne hanno questo evento fisiologico, intorno ai 50 anni, in cui c’è proprio una differenza, innanzitutto ormonale, ma anche immunologica nella loro funzione.
Gli effetti della menopausa sono molti e molto ben studiati; per quanto riguarda il sistema immunitario, noi lo osserviamo dal punto di vista strettamente epidemiologico: noi vediamo che le donne in menopausa hanno una maggiore incidenza di alcune malattie autoimmuni rispetto alle donne premenopausali.

Come ridurre il rischio di una malattia autoimmune?
Questa domanda è, ovviamente, da Premio nobel. Nella realtà, i dati veri sono abbastanza pochi.
Sicuramente abbiamo una correlazione con il metabolismo, tale per cui la risposta è quella che danno pressochè tutti i medici: un corretto stile di vita, l’esercizio fisico, essere normopeso. Questi sono fattori che sicuramente fanno bene anche al sistema immunitario: lo mantengono efficiente anche quando comincia ad invecchiare, nell’immunosenescenza, appunto.
In effetti, oltre a questi, non ci sono veri e propri fattori. Sappiamo che alcuni alimenti hanno un effetto rinforzante, ovvero corroborante per il sistema immunitario: mi viene in mente il cacao,il cioccolato nero soprattutto; il Licopene contenuto nei pomodori, i berries, soprattutto i cranberries, (i frutti di bosco) . Tutti questi hanno dimostrato – sebbene i modelli sperimentali di applicabilità non universale - una efficacia favorevole sul sistema immunitario».

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 1 settembre 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: gravidanza, malattie autoimmuni



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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