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Per tenere sotto controllo il diabete di tipo 2
si deve iniziare da una buona masticazione

Tra le funzioni che è necessario controllare quando si arriva a una diagnosi di diabete di tipo 2, ce n’è una non sempre tenuta nella giusta considerazione: lo stato della masticazione. Qualora non sia buono, infatti, il livello di zuccheri nel sangue si alza più di quanto non accada quando invece è regolare, e pienamente efficiente.

Il ruolo di una corretta masticazione è emerso in uno studio condotto dai diabetologi dell’Hamidiye Sisli Etfal Education and Research Hospital di Istanbul, in Turchia, che hanno analizzato circa un centinaio di pazienti, suddividendoli in due gruppi: coloro che riuscivano a masticare bene e coloro che, invece, per mancanza di alcuni denti o per difetti di occlusione, avevano una masticazione non adeguata.

Come riferito su PLoS One, le misurazioni delle glicemie hanno mostrato tutta l’ampiezza delle conseguenze delle due condizioni: i buoni masticatori avevano un livello di glicemia medio di 7,48, i cattivi masticatori di 9,4, con un aumento del 2% circa. Uno scostamento grave, visto che si considera che per ogni punto percentuale di aumento della glicemia il rischio di eventi associati quali quelli cardiovascolari o gli ictus cresca del 40%.

La buona notizia, comunque, è che si può rimediare. Gli autori hanno infatti dotato coloro che non avevano denti a sufficienza o che mostravano malocclusioni (tutti con una glicemia media di 9,1), di protesi e impianti, e hanno visto che, quattro mesi dopo, il valore era sceso a 7,8, e 18 mesi dopo a 6,2.

La masticazione contribuisce a tenere a bada lo zucchero nel sangue in diversi modi. Non appena viene avviata, infatti, scatena la produzione di saliva, che inizia la degradazione degli alimenti e libera le fibre, che riducono gli zuccheri in circolo. Il cibo ben masticato, una volta giunto nell’intestino, stimola il rilascio di insulina e, con esso, il senso di sazietà che, a sua volta, aiuta a non eccedere e a mantenere il peso entro i limiti (altro fattore essenziale per il rischio di diabete do tipo 2). Per questo è cruciale che il medico, oltre a tutto il resto, valuti la masticazione, cercando di intervenire ogni volta che sia possibile, qualora questa non sia ottimale.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 12 maggio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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