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Per sconfiggere la vitiligine in futuro si potrà contare anche su specifici estratti batterici

Coloro che soffrono di vitiligine, una depigmentazione della cute di origine autoimmune che colpisce tra lo 0,5 e il 2% della popolazione, potrebbero disporre presto di una terapia innovativa che, almeno nei modelli animali predisposti a sviluppare la malattia, sembra straordinariamente efficace. L’estratto dal batterio Bacillus subtilis chiamato esopolisaccaride o EPSs, somministrato una volta alla settimana per 18 settimane, si è infatti dimostrato in grado di riequilibrare le diverse popolazioni dei linfociti che sono all’origine della malattia, abbassando la concentrazione di quelli chiamati CD8+, negativi, e aumentando quella dei linfociti T regolatori, che hanno un effetto protettivo. Il risultato, riportato sul Journal of Investigative Dermatology, è stato sorprendente: una diminuzione del 74% della depigmentazione, un effetto difficile da raggiungere con le terapie attuali. L’ultima delle quali, approvata dalla Food and Drug Administration statunitense nel 2022, e in seguito anche in Europa, chiamata ruloxitinib, riesce ad assicurare risultati di questa portata solo in un malato su tre.

L’importanza dello studio, condotto presso il Lurie Comprehensive Cancer Center della Northwestern University di Chicago, è anche nella dimostrazione di un principio più generale: l’approccio innovativo alle malattie autoimmuni, che parte da un intervento sul microbiota, di solito alterato in chi è colpito da una malattia di questo tipo.

Gli studi continuano, per ottimizzare l’EPSs fino a renderlo una terapia per tutti, se i risultati sui volontari confermeranno quanto ottenuto negli animali, e anche per capire se lo stesso approccio possa essere vincente in altre malattie autoimmuni che colpiscono la pelle, o in manifestazioni cutanee di altre patologie autoimmuni.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 17 febbraio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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